L’inverno del 1985 in Italia

Nel mese di gennaio del 1985 l’Italia e tutto il continente europeo furono interessati da un’ondata di freddo eccezionale, per molti aspetti la più intensa del secolo, insieme a quelle del 1956 e del 1929. L’ondata di gelo fu accompagnata da intense nevicate che, a più riprese, colpirono diverse parti dell’Italia, portando la neve fin sui litorali e, sul finire del periodo, provocarono abbondantissime nevicate sull’Italia Settentrionale. Proprio sul Nord Italia queste nevicate furono tra le più intense mai registrate e l’evento passò alla storia come la “nevicata del secolo”.

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immagine della nevicata eccezionale che nel 1985 paralizzò completamente la città di Milano

Il periodo di freddo e neve durò poco più di due settimane e cominciò grossomodo proprio a cavallo del nuovo anno, a partire dal primo gennaio. In quella data, infatti, aria molto fredda di origine polare, proveniente dal Mare di Kara (Russia Settentrionale) incominciò a scendere in direzione del Continente Europeo e del Mar Mediterraneo. Questa discesa fu causata da un rapido “strathwarming”, ovvero un anomalo e repentino riscaldamento, della troposfera sopra l’area della Groenlandia, che portò alla discesa del Vortice Polare verso latitudini più basse. Il gelo del mese di gennaio seguì un mese di dicembre estremamente mite, con la temperatura che il giorno 11 raggiunse a Torino un valore di ben 17,6 gradi. Il periodo freddo si articolò in 4 fasi: la prima dal 1 al 4 gennaio, la seconda dal 5 al 9 gennaio, la terza dal 10 al 13 gennaio e la quarta dal 14 al 17 gennaio.

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Un’immagine serale della “nevicata del secolo”. Il paesaggio sembra quello montano dopo le grandi nevicate, ma ci troviamo in realtà nell’hinterland milanese.

Nella prima fase ( 1-4 gennaio) l’aria artica affluì sull’Italia in un contesto per la maggior parte stabile. I primi effetti del gran freddo si avvertirono il 2 gennaio, quando Torino e Bolzano registrarono una “giornata di ghiaccio” (la temperatura non superò gli zero gradi). Il 3 gennaio in mattinata la temperatura a Torino crollò fino a -10 gradi. Il 2 gennaio nevicò a Grosseto (non accadeva dal 1963) e il 4 ad Alghero ( l’ultima volta nel 1971). La neve cadde anche sull’Isola d’Elba.

Nella seconda fase ( 5-9 gennaio) si ebbe un ulteriore impulso freddo, in arrivo sia dalla Porta della Bora che dalla Porta del Rodano. Le temperature crollarono ancora e una perturbazione di origine africana portò la neve in gran parte del Centro-Sud. Il 5 gennaio la Bora raggiunse a Trieste i 100 km/h e Città di Castello (Umbria) raggiunse l’accumulo di 1 metro di neve al suolo. Il 6 gennaio una perturbazione mediterranea molto attiva ricoprì Barcellona di 50 cm di neve, neve che cadde anche a Marsiglia, a Roma e sugli Altopiani del Marocco, della Tunisia e dell’Algeria (fino a 1 metro). Il 7 gennaio la temperatura lungo le coste della Liguria crollò a livello record: Genova registrò -6,8 gradi, Capo Mele -4,5 gradi. L’8 gennaio il Po, l’Arno e alcuni fiumi marchigiani cominciarono a gelare. Il 9 gennaio la Sardegna fu interessata da una nevicata eccezionale, che imbiancò completamente l’isola, con accumuli di 50-60 cm in alta collina e neve su Cagliari. L’osservatorio di Capo-Bellavista, presso Tortolì registrò una minima di -2 gradi.

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La Fontana del Nettuno a Firenze completamente ghiacciata

Nella terza fase ( 10-13 gennaio) i cieli si rasserenarono sull’Italia Centrale e le temperature minime raggiunsero livelli record, anche a causa dell’abbondante copertura nevosa al suolo ( effetto albedo). Il 10 gennaio Piacenza-San Damiano scese a -22 gradi e Sarzana ( Liguria di Levante) a -9 gradi. L’11 gennaio la temperatura scese fino a -22 gradi a Firenze-Peretola e -20 gradi ad Arezzo. L’Arno gelò completamente. In Pianura Padana record vennero battuti nel Ferrarese, dove San Pietro Capofiume scese fino a -24,8 gradi. Il 12 gennaio Firenze scese ancora più giù, fino a -23 gradi e record storici vennero battuti sulla Riviera Romagnola: -17 gradi a Rimini-Miramare e -16 gradi a Cervia. Sul litorale laziale Fiumicino scese a -7,8.

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La neve ricopra Roma in una foto dell’epoca

Nella quarta fase ( 14-17 gennaio) l’aria fredda venne gradualmente scalzata da una perturbazione atlantica, che andò a scavare un minimo in corrispondenza della Corsica. Al Centro-Sud le piogge cominciarono a cadere abbondanti, mentre al Nord Italia il “cuscino freddo” (ovvero la presenza di aria fredda al suolo) non venne scalzato e la neve cadde abbondantissima su molte zone. Al Nord Italia questa nevicata passò alla storia come la “nevicata del secolo”. L’accumulo complessivo superò il metro a Milano, i 110 cm a Como e i 150 cm a Trento.

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La nevicata del 1985 nel Comasco

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Le proposte di Legambiente per la qualità dell’aria

MOBILITA’
1) Potenziamento del trasporto pubblico e della mobilità condivisa, elettrica ed efficiente, per garantire ai cittadini il diritto di muoversi senza inquinare. Dall’ultimo report europeo di T&E, l’Italia risulta agli ultimi posti nella classifica europea per la dotazione e l’acquisto di nuovi bus elettrici. Al 2030 il parco circolante del TPL dovrà essere solo a emissioni zero come già previsto a Torino, Cagliari, Bergamo e Milano.

2) Obiettivo VisionZero. Vision Zero vuol dire nuova mobilità, sicurezza stradale,
ambiente, rigenerazione urbana, decarbonizzazione. Tra collisioni stradali e inquinamento urbano nel 2019 sono morte più di 83.000 persone, per un costo sociale che
l’Istat stima in 16,9 miliardi di euro, l’1% del pil nazionale. Quattro gli obiettivi: riqualificare le città, potenziare il trasporto ferroviario regionale, il TPL e la sharing mobility
3) Sostenere il cambiamento delle modalità di trasporto soprattutto nelle ore di punta, finanziando piani di spostamento casa lavoro e casa scuola.
4) Stop progressivo alla circolazione delle auto nei centri delle città. Senza
deroghe e senza scappatoie. Ripartendo da subito dal blocco dei diesel Euro4 e
proseguendo col blocco degli Euro5 previsto per il 2025 e quello degli Euro6 al 2030,
anno in cui chiediamo la fine della vendita e della circolazione delle auto a combustione.
5) Stop agli incentivi per la sostituzione dei mezzi più vecchi e inquinanti a favore di
mezzi più nuovi ma ugualmente inquinanti. Incentivi che rischiano di far spendere molti soldi ai cittadini inutilmente, per comprare auto già obsolete o presto fuori legge. Infatti, al 2025 è previsto il blocco anche degli euro5. Si incentivino piuttosto mezzi pubblici, condivisi, a noleggio.
6) Spazio alla mobilità leggera in tutte le su forme (a piedi, in bici, col monopattino, sedie a rotelle elettriche), grazie anche al ridisegno delle strade pubbliche.

USO DELLO SPAZIO PUBBLICO E DELLA STRADA
7) Aumento delle corsie preferenziali per i mezzi del TPL, per garantire un servizio
rapido ed efficiente.
8) Pensare ad uno spazio pubblico delle città fatto su misura per l’uomo e non per le
macchine. Programmando e pianificando i centri urbani a cominciare dall’estensione
delle aree pedonali nei centri urbani e nei quartieri, dove i cittadini devono
sentirsi liberi di muoversi a piedi e in sicurezza nella vita di tutti i giorni.
9)Realizzazione di percorsi ciclo-pedonali continui che connettano intere
porzioni di città e di quartieri
10) Favorire l’approccio “15 minuti” come in programma a Parigi. Città, comuni
e quartieri vivibili in 15 minuti dove tutti i servizi essenziali sono raggiungibili a piedi
in un quarto d’ora. Sostenere politiche di “ecodensità”, recuperi e rigenerazione urbana, per arginare la dispersione abitativa, lo sprawl urbano, il consumo di suolo.
11) Zone scolastiche di rispetto e strade scolastiche, per la sicurezza dei nostri
bambini e ragazzi, favorire l’accesso alle scuole in mobilità ciclo-pedonale e la mobilità autonoma dei ragazzi. Non si può accedere in auto, né sostare (salvo disabili), in
prossimità degli ingressi delle scuole di ogni ordine e grado.
12) Limitazione della circolazione. Bologna, Torino, Milano, Roma. Sono sempre più
numerose le città, e sempre più estese le aree centrali e gli orari di limitazioni della
circolazione delle auto e di furgoni, come argine al traffico. Anche con pedaggi o
contingentamento dei posti auto. Milano controlla elettronicamente gli ingressi in
città e impedisce gli accessi ai veicoli più inquinanti (LEZ).
13) Biocarburanti dannosi: così come è vietata la combustione di biomasse inquinanti nelle città, deve essere vietata l’aggiunta di biocarburanti liquidi dannosi (oli
alimentari) al gasolio d’autotrazione, specie nei servizi pubblici.

RISCALDAMENTO DOMESTICO
14) Abitazioni ad emissioni zero grazie alla capillare diffusione del “Bonus
110%” che favorisca il progressivo abbandono delle caldaie a gasolio e carbone da
subito, e a metano nei prossimi anni.. Dal 2023 le abitazioni in classe A non dovranno più prevedere combustione (cucina, ACS e riscaldamento), dal 2025 per tutte le
case di nuova costruzione o ristrutturate. Divieto dal 2023 di combustione di biomasse legnose nelle città di pianura (caminetti e stufette a pellet).

#legambiente #rapportomalaria #inquinamento #soluzioni

Rapporto Mal Aria 2020

Secondo i dati pubblicati da Legambiente e riferiti all’anno 2020, l’Italia si conferma in cronica emergenza da inquinamento atmosferico e i dati dei superamenti giornalieri dei limiti di legge per il Pm10 del 2020 lo evidenziano: sono 35, su 96 di cui si hanno i dati disponibili, le città capoluogo che vanno in almeno una centralina
di monitoraggio oltre il limite giornaliero previsto per le polveri sottili (stabilito in 35 giorni in un anno solare con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi per metro cubo). Undici le città nelle quali si sono avuti più del doppio dei giorni di superamento dei limiti.

Smog: Torino maglia nera europea con Londra e Parigi, Italia prima in Ue  per morti da NO2 - La Stampa
Torino in una fredda giornata d’inverno. Anche nel 2020 il capoluogo piemontese ha avuto il maggior numero di giorni di sforamento del limite del pm10

A Torino la centralina (Grassi) con il valore peggiore in assoluto con 98giorni di superamenti, quasi tre volte sopra il limite dei 35 giorni. Quindi Venezia con 88 giorni (Tagliamento),Padova (Arcella) 84, Rovigo (Largo Martiri) 83, Treviso ( Via Lancieri) 80
Milano (Marche) 79, Avellino(scuola Alighieri) Cremona (Via Fatebenefratelli) 78, Frosinone(scalo) 77, poi Modena (Giardini)e Vicenza (San Felice) che con 75 giorni di superamento dei limiti,

Distribuzione regionale

in Piemonte solo 4 le centraline delle città capoluogo che fanno registrare un numero di superamenti inferiore al limite dei 35: le due presenti a Biella (Lamarmora e Sturzo), l’unica di Cuneo (Alpini) e quella di Verbania (Gabardi),che fanno dei tre capoluoghi gli unici piemontesi nei limiti di legge. Non va meglio in Lombardia dove oltre a Milano, che ha tutte e quattro le centraline disponibili molto oltre i limiti di legge, anche a Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lodi, Mantova, Monza e Pavia tutte le centraline sforano i limiti dei 35
giorni di superamento. Solo a Lecco, Sondrio e Varese tutte le centraline rispettano i limiti.
In Veneto solo Belluno può dirsi “in regola” con tutte e due le sue centraline ampiamente al di sotto dei 35 giorni di superamento dei limiti, mentre tutte quelle di Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza sforano ampiamente il limite normativo.
Anche l’Emilia Romagna non sorride, per chiudere il quadro delle Regioni del bacino Padano, con le sole due centraline di Forlì, l’unica di Cesena e due delle tre di Bologna (Giardini Margherita e Via Chiarini) che rispettano i limiti. Tutte le altre risultano fuori norma.
Il problema però non è solo concentrato nelle regioni del bacino padano o comunque del Nord Italia . Settima, infatti, è la campana Avellino (centralina Scuola Alighieri),
nona la laziale Frosinone (Frosinone Scalo), ventiquattresima Napoli (Via Argine),ventottesima l’umbra Terni (Le Grazie), trentunesima Roma (Tiburtina), trentaquattresima un’altra campana, Benevento (Campo Sportivo).

Avellino, risveglio con la nebbia. E aria sempre più inquinata
Il centro di Avellino in una giornata di nebbia. La città campana è stata nel 2020 la più inquinata tra tutti i capoluoghi del Centro-Sud.

#legambiente #rapportomalaria #2020 #inquinamento #pm10 #sforamenti

Produzione di rifiuti urbani e raccolta differenziata in Lombardia

I trend regionali

Nel 2019 la Lombardia ha prodotto 4.843.000 tonnellate di rifiuti urbani, valore questo molto simile a quello del 2011, e inferiore rispetto ai livelli massimi raggiunti nel periodo pre-crisi del 2008. Negli ultimi cinque anni la produzione di rifiuti ha ricominciato però ad aumentare. Il valore odierno è infatti ben superiore al minimo recente raggiunto nel 2013. La percentuale della raccolta differenziata è invece continuamente aumentata, passando a livello regionale dal 49,9 % del 2011 al 72,03% del 2019. A livello provinciale la situazione è molto variegata. La provincia di Varese passa da un valore del 60% nel 2011 a uno del 77% nel 2019. Como dal 49% al 68%. Sondrio da 45 a 56, Milano da 46 a 67, Bergamo da 55 a 76, Brescia da 44 a 76 ( progressione molto rilevante!), Pavia da 31 a 54, Cremona da 60 a 78, Mantova da 58 a 86!, Lecco da 57 a 71, Lodi da 55 a 75, Monza e Brianza da 58 a 77.

La Città di Mantova - Centro Guide Mantova - I Gonzaga
La provincia di Mantova ha raggiunto il valore di raccolta differenziata più alta in Lombardia ( Fonte: Ispra, Catasto Rifiuti)

Valori provinciali

Nel 2019 la provincia lombarda che in termini assoluti ha prodotto più rifiuti è stata Milano. Essa ha prodotto un milione e 559 mila tonnellate di rifiuti urbani. Seguono le province di Brescia ( 666.000 tonnellate), Bergamo ( 516.000) e Varese (424.00). La provincia di Sondrio è quella che ne ha prodotte di meno (87.000 tonnellate), seguita da Lodi (100.000). La produzione pro-capite è maggiore a Mantova ( 535 kg/abitante/anno), a Brescia ( 525 kg) e a Pavia ( 503 kg). La produzione pro-capite minore si riscontra invece a Monza e Brianza ( 422 kg) e Lodi ( 435 kg). Le altre province hanno valori piuttosto simili e compresi tra 462 e 484 kg. La percentuale di raccolta differenziata è maggiore a Mantova (86%), Cremona ( 78%), Monza e Brianza ( 78%) e Varese ( 77%). Maggiori problemi con il riciclo si riscontrano nelle province di Pavia ( 54%) e Sondrio ( 56%). Valori inferiori al 70% anche a Milano e a Como ( rispettivamente 67 e 68%).

Le dimissioni di Monti salvano la Provincia di Monza – Noi Brugherio
Mappa delle Provincia di Monza e Brianza. Questa provincia risulta la più virtuosa nel ciclo dei rifiuti, ovvero la realtà provinciale che produce meno rifiuti pro-capite.

Differenze comunali

Nel contesto lombardo molti valori provinciali sono spiegabili con le cospicue differenze che intercorrono tra le singole realtà comunali. Nel caso della provincia di Milano, ad esempio, la maggior parte dei comuni possiede un tasso di riciclo superiore al 70%, mentre la città di Milano si ferma al 61% ( valore comunque estremamente alto per una realtà urbana di grandi dimensioni). Il basso valore delle provincia di Pavia è dovuto alla presenza di alcuni comuni ( spesso molto piccoli) che non dispongono del servizio porta a porta. In alcuni di questi comuni i valori di riciclo sono bassissimi ( in alcuni casi anche intorno al 20%).

Riprese aeree Albaredo Arnaboldi - foto e video con drone o aeroplano
Immagine aerea di Albaredo Arnaboldi, comune del l’Oltrepò Pavese, alla confluenza tra le Valli Versa e Scuropasso. In questo comune la raccolta differenziata resta purtroppo al palo ( appena superiore al 20%).

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La produzione dei rifiuti urbani in Italia e la raccolta differenziata

Quello dello smaltimento dei rifiuti urbani è un problema estremamente annoso. A che punto siamo oggi al riguardo in Italia? A dire il vero la situazione è oggi nel complesso decisamente positiva. Certo, rimangono ancora molte cose da fare, specialmente nell’ambito dell’effettivo riutilizzo dei rifiuti differenziati, ma la situazione è comunque oggi notevolmente migliore che appena dieci anni or sono. La memoria di tutti ci porta infatti nel non lontano 2008. In quell’anno infatti la città di Napoli e la regione Campania furono travolte dalla cosiddetta “crisi dei rifiuti”. La situazione in Campania era assolutamente grave ma nel complesso era l’intero paese ad essere sull’orlo della crisi. La produzione dei rifiuti era infatti cresciuta in maniera molto sostenuta a partire dal 2000 e la raccolta differenziata era ben radicata solo in porzioni limitate del paese.

Coronavirus. Nuove regole per rifiuti: stop raccolta differenziata per  persone in isolamento e quarantena. Gli altri si proteggano -  RavennaNotizie.it
Il riciclaggio è una forma di gestione dei rifiuti sempre più diffusa in Italia

I dati del 2019

La situazione di oggi è incomparabilmente migliore. La crisi economica generalizzata, accompagnata dalla diffusione della differenziata “porta a porta” ha infatti portato a un drastico calo della produzione dei rifiuti, specialmente di quelli indifferenziati. Nel 2019 l’Italia ha prodotto 30 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, una cifra minore delle 31 milioni di tonnellate del 2011 e ben inferiore al picco di circa 33 milioni raggiunto nel 2008. Nel contempo la popolazione poi è leggermente aumentata. La raccolta differenziata italiana è poi passata dal 37% del 2011 al 61,35% del 2019. A livello pro-capite il dato assomma a 499 kg. A livello regionale il Centro produce più rifiuti ( 547 kg), seguito dal Nord (518 kg) e dal Sud (444 kg). La produzione della differenziata è pari a 360 kg al Nord, 318 kg al Centro e 225 kg al Sud. L’indifferenziata assomma a 158 kg al Nord, 229 kg al Centro e 193 kg al Sud. E’ quindi nelle regioni del Centro che si producono più rifiuti non riciclati.

Corvara in Badia
Il comune di Corvara in Badia ( Alto Adige). Secondo i dati di gestione dei rifiuti la forte presenza di seconde case e di attività turistiche fa si che il centro più elevato della Val Badia ( 1300 abitanti) abbia la produzione pro-capite di rifiuti più alta d’Italia: 1800 kg per abitante all’anno. Fonte: Catasto dei Rifiuti

La situazione regionale

Le regioni che producono più rifiuti sono quelle del Centro, alle quali si aggiungono tre piccole regioni del Nord ( Valle d’Aosta, Trentino-Alto-Adige e Liguria) molto dedite al turismo. I valori più alti in assoluto sono in Emilia-Romagna, dove nel 2019 il valore pro-capite è stato di 662 kg, segue la Toscana (611 kg), la Valle d’Aosta ( 604 kg), la Liguria ( 532 kg), le Marche ( 524 kg), il Lazio (517 kg) e l’Umbria ( 511 kg). Le regioni con le produzioni minori sono invece la Basilicata ( appena 354 kg!), il Molise (368 kg) e la Calabria (398 kg). Tutte le altre regioni hanno una produzione molto simile, compresa in una forbice tra i 450 e i 490 kg. A livello di raccolta differenziata il campione assoluto è il Veneto ( 74%), seguito dal Trentino-Alto Adige ( 73,3%) e a sorpresa dalla Sardegna ( 73%). Situazione molto positiva anche in Lombardia ( 72%) e nelle Marche ( 70%). Fanalino di coda è la Sicilia ( appena 38%). Lazio, Campania, Molise, Puglia, Basilicata e Calabria sono tutte intorno al 47-50 %. Al Centro-Nord la regione meno riciclona è la Liguria ( 53%).

Turismo a Limana nel 2021 - recensioni e consigli - Tripadvisor
Il bucolico paesaggio di Limana ( provincia di Belluno). Questo paesino vanta una produzione di appena 389 kg di rifiuti pro-capite all’anno. La raccolta differenziata raggiunge qui un valore dell’88%. Questo significa che la produzione indifferenziata è di appena 44 kg pro-capite all’anno. Fonte: Catasto dei Rifiuti

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Com’è cambiato il clima a Varese dal 1967 ad oggi? I dati del Centro Geofisico Prealpino: pioggia e periodi di siccità

La pioggia è spesso protagonista del clima della città di Varese e della sua provincia. Il territorio varesino è infatti uno dei più piovosi della Lombardia e di tutto il territorio nazionale. Secondo i dati meteorologici la zona di Vararo ( comune di Cittiglio), nei pressi della sponda varesina del Lago Maggiore, sarebbe addirittura il luogo di gran lunga più piovoso della regione.

Il temporale sul Lago di Varese - VareseNews
Temporale sul lago di Varese il 15 giugno 2020. Foto di Marco Piantanida/Varesenews

Come sono cambiate le piogge

Facendo la media aritmetica delle precipitazioni cadute a Varese dal 1967 ad oggi e dividendole per il numero degli anni si ottiene una media annuale di precipitazioni per la città pari a 1561 mm. Tale valore cambia moltissimo nel corso degli anni. L’anno più secco della serie ( il 2005) ha accumulato 971 mm di precipitazioni, mentre il più piovoso ( il 2014) ne ha accumulati ben 2646 mm. A differenza della temperatura, non si riesce a rilevare nessun trend di lungo periodo negli ultimi cinquant’anni. In altre parole, il riscaldamento non sembra avere prodotto una maggiore o minore piovosità. Gli anni più secchi sono presenti in ogni decennio, ad esclusione degli anni novanta( 1967, 1973, 1983, 2003, 2005,2006, 2017). Peraltro il periodo dal 2003 al 2006 sembra il più secco della serie. In questo periodo infatti tre anni hanno accumulato meno di 1100 mm di pioggia. Il periodo che va dal 1984 al 2003 sembra essere il più stabile, con le precipitazioni che non hanno variazioni così grosse da un anno all’altro. In questo periodo di quasi vent’anni non si ha inoltre nessun anno decisamente secco ( tutti hanno cumulate superiori ai 1200 mm). I periodi tra il 1967 e il 1984 e quello tra il 2007 e oggi sono invece caratterizzati da valori piuttosto altalenanti tra un anno e l’altro.

Continuano le piogge, forti precipitazioni su tutta la Provincia
Forte attività elettrica in un temporale sopra il centro di Varese

Il periodo mediamente più caldo e quello più freddo sembrano quindi avere una variabilità simile, il che porta a pensare che il riscaldamento non abbia inciso molto sul regime delle piogge. Da notare poi come tra i nove anni più piovosi ( precipitazioni maggiori di 2000 mm) , ben sei appartengano al nuovo millennio ( 2000, 2002, 2008,2009,2010, 2014).

La siccità

Per periodo di siccità, in ambito meteorologico, si intende un periodo di almeno trenta giorni consecutivi senza precipitazioni di rilievo. Dagli anni 50′ ad oggi il periodo di siccità più lungo a Varese risale all’inverno 1980-1981, che ha fatto segnare precipitazioni trascurabili dal 28 novembre 1980 al 14 marzo 1981 ( un totale quindi di 110 giorni). Così come per le piogge, non si rintraccia un trend di lungo periodo. I periodi di siccità in altre parole non sono ne aumentati ne diminuiti e si sono verificati regolarmente su tutto il periodo analizzato. Periodi di minore ricorrenza siccitosa sembrano essere stati quelli tra il 1970 e il 1980 e tra il 2006 e il 2012. Gli anni più recenti ( 2015-2020) sembrano avere avuto una frequenza siccitosa superiore al periodo 2010-2015. A Varese la maggior parte di tali eventi ha luogo nella stagione invernale. Tra il 1991 e la fine del 2019 ben 26 eventi del genere hanno avuto luogo. Il periodo siccitoso recente di più lunga durata è stato quello dispiegatosi tra il 28 ottobre 2015 e il 2 gennaio 2016, per una durata complessiva di 65 giorni. Il periodo siccitoso più recente ( fino a fine 2019) è stato quello del periodo 20 dicembre 2018-26 gennaio 2019 ( 38 giorni consecutivi).

Siccità al nord: i boschi bruciano - Il Sole 24 ORE
L’incendio divampato alla fine del mese di ottobre del 2017 alle pendici del Campo dei Fiori. Tra il 19 settembre e il 3 novembre di quell’anno non si sono registrate precipitazioni di rilievo ( 46 giorni consecutivi)

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Com’è cambiato il clima a Varese dal 1967 ad oggi? I dati del Centro Geofisico Prealpino: la temperatura

Da oltre cinquant’anni il Centro Geofisico Prealpino, creatura del noto personaggio Salvatore Furia, registra i dati meteorologici del territorio varesino. Le registrazioni afferiscono a due località: la città di Varese ( Via del Sarto) e l’area montana del Campo dei Fiori. Nel primo caso la stazione meteorologica si trova a circa 420 metri sul livello del mare, in ambito suburbano; mentre nel secondo caso essa si trova a quota 1200 metri circa in ambito montano. Fino al 1992 i dati erano registrati manualmente, mentre dopo quella data le misurazioni diventarono automatiche. Il collegamento di molte stazioni meteo alla rete Internet, cominciato nei primi anni 2000, permette oggi di poter visualizzare in tempo reale tutti i parametri climatici ( temperatura, pressione, umidità dell’aria, pioggia, irraggiamento solare, vento e così via). Ma come è cambiato il clima a Varese negli ultimi 50 anni e più?

Varese: cosa scoprire nel Parco Campo dei Fiori
Panorama in direzione ovest dal Massiccio del Campo dei Fiori. In primo piano il Lago di Varese, seguono su altri piani l’area l’umida del Lago di Biandronno e poi le sagome del Lago di Monate e infine del Lago Maggiore

La temperatura media

La temperatura media registrata presso Via del Sarto ha ormai raggiunto a livello annuale una media di circa 14,5 gradi. Tra il 1967 e il 2017 la temperatura media è aumentata di 2,3 gradi, passando da 11,6 a 13,8 gradi. Il fatto che negli ultimi decenni vi sia stato un riscaldamento è quindi innegabile. Il riscaldamento si nota già a partire dagli anni settanta, ma è a partire dal 2000 che esso si fa molto rapido. In quell’anno la temperatura media era di circa 13 gradi. In circa vent’anni la temperatura media è quindi aumentata di circa 1.5 gradi. L’anno più caldo a Varese si conferma il 2019 ( media di 14,5 gradi), seguito a brevissima distanza dal 2015, 2017, 2018 e 2020. Gli ultimi sei anni sono stati quindi tutti molto caldi ( ad eccezione del 2016). A differenza però degli anni posteriori ( 2000-2014) la temperatura sembra essersi piuttosto stabilizzata ( almeno per ora, e comunque su livelli molto alti).

Inverno

La stagione invernale ( dicembre, gennaio e febbraio) è quella che meno ha subito il riscaldamento del nostro clima. Negli ultimi cinquant’anni le temperature invernali sono aumentate di circa un grado, passando da circa 3,2 a 4,2 gradi. Le temperature medie massime sono aumentate di più, passando da 6 a 8 gradi. Le minime si sono invece riscaldate molto meno, di appena 0,6 gradi ( da 0,2 a 0,8 gradi). L’aumento delle massime è cominciato già negli anni settanta e nel 1990 la media era di sette gradi ( oggi è di otto gradi, appena un grado in più in trent’anni). Le temperature minime sono addirittura leggermente calate tra gli anni settanta e ottanta ( seppur di pochi decimi), per poi invece crescere più marcatamente dopo il 2000 ( 0,7 gradi in più dal 2000 ad oggi).

Neve a Natale? Solo 2 volte in 54 anni
La neve imbianca la cima del Campo dei Fiori. Si tratta di un caso classico di “nevicata altimetrica”

Primavera

La stagione primaverile odierna è nettamente più calda di quella dei decenni passati. Nel 1967 la temperatura media di questa stagione era di 11 gradi, passati oggi a 14,2 ( aumento di ben 3,2 gradi). Particolarmente marcato l’aumento delle massime, passate da 14,7 a 18,4 gradi ( ben 3,7 gradi in più!). Le temperature minime sono aumentate invece di appena un grado in cinquant’anni, passando da 7,1 a 8,1 gradi. Interessante notare poi come le temperature massime siano aumentate marcatamente in ogni decennio. Interessantissimo il fatto che dal 2006 circa le temperature minime sono quasi stazionarie ( 1 o due decimi di grado in più nel 2018). Le temperature massime, partendo da 14,7 gradi, raggiungono i 16 verso il 1984, i 17 tra il 1998 e il 2000 e i 18 gradi verso il 2012.

uno scorcio di primavera sul lago di Varese ... Foto % Immagini| paesaggi,  laghi e fiumi, natura Foto su fotocommunity
Scorcio di primavera sul Lago di Varese

Estate

L’estate è la stagione che si è riscaldata di più. L’aumento termico dal 1967 è impressionante e arriva a 3,7 gradi! Come per la primavera l’aumento è concentrato per lo più nelle temperature massime, passate da 24 gradi nel 1967 a 28,4 gradi nel 2017 ( l’anno che ad ora ha visto le temperature estive mediamente più elevate). Avere quattro gradi in più nelle massime estive è un cambiamento di enorme rilevo. Il mese in assoluto più rovente a Varese è ad ora il mese di luglio del 2015. Le minime si sono anch’esse riscaldate, di circa 1 grado e mezzo ( da 16.1 a 17,6 gradi). Da notare come l’aumento termico sia marcato e stabile nel tempo, già a partire dagli anni settanta. Per la temperatura media la soglia dei 21 gradi è infatti superata tra il 76 e il 78, quella dei 22 gradi nel 1990 e quella dei 23 gradi verso il 2002. La soglia dei 24 gradi è stata recentemente sorpassata verso il 2016. Per le minime la soglia dei 17 gradi è stata superata verso il 2000. Dall’inizio del nuovo millennio le minime stive sono aumentate di circa 0,6 gradi. le massime si sono invece riscaldate di ben 1,8 gradi.

Estate Varese 2017: eventi in città | Sempione News
La Prima Cappella del Sacro Monte durante l’estate del 2017

Autunno

L’autunno si è riscaldato mediamente meno dell’estate e della primavera, ma più dell’inverno. Le temperature medie sono aumentate di 1,3 gradi dal 1967. Le massime sono aumentate di 1,9 gradi, passando da 15,2 a 17.1 gradi. Le minime sono aumentate di 1,3 gradi, con una tendenza però molto particolare: dal 1970 al 1990 si sono infatti leggermente raffreddate ( pochi decimi), per poi aumentare molto rapidamente. Nel 1990 le minime autunnali medie erano infatti di 8,6 gradi ( 0,4 gradi in meno che nel 1970!). Nel 2000 erano risalite a circa 9 gradi. Fino al 2006 l’aumento è stato poco marcato, mentre dal 2008 sono salite di un grado! L’aumento delle minime autunnali negli ultimi anni è stato quindi molto forte. Le temperature massime si sono invece riscaldate costantemente fin da subito ma in maniera lenta. Nel 67 le massime superavano di poco i 15 gradi, cresciute a 16 verso il 1988. Da allora, in un arco temporale di un trentennio, si sono riscaldate di appena 1,3 gradi.

Lago di Ghirla in autunno – foto di Roberto Colombo | VARESEGUIDA – VARESE  TOURIST GUIDE
Le sponde del Lago di Ghirla in veste autunnale

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L’Inverno 2020/2021: Un buon inizio

L’inverno 2020/2021 ha mostrato i migliori auspici già dal suo inizio. Il giorno 2 infatti la neve fa la sua comparsa su molte aree della Pianura Padana, molte delle quali caratterizzate da minore nevosità, specialmente nell’est della pianura. La neve imbianca la pedemontana veneta e friulana, così come le rispettive pianure ( anche se si tratta generalmente di pochi centimetri). Imbiancate anche Bergamo e Brescia, nonché la Lombardia Meridionale e l’Emilia Occidentale. Gli accumuli maggiori hanno interessato però solo aree relativamente elevate ( sopra i 300-400 m), prevalentemente nell’Emilia Occidentale ( aree collinari di piacentino e parmense), nell’Oltrepò Pavese e nel Piemonte Meridionale e Appennino Ligure. L’unica città capoluogo che ha ricevuto una cospicua imbiancata è stata Cuneo. A Milano solo qualche fiocco bagnato o persino pioggia.

La prima neve nel Bresciano è arrivata il 2 dicembre - Foto, Photogallery
Il centro di Brescia leggermente innevato nella mattina del 2 dicembre 2020.

Un secondo round di neve, assai più corposo, è stato quello del 4 dicembre 2020. Esso si è sviluppato però in seno a un afflusso di aria ben più calda di scirocco che ha mantenuto le temperature fino a 10 gradi sulla Laguna di Venezia. La pioggia è quindi caduta abbondante su tutta la Pianura Padana Centro-Orientale, Emilia compresa. A Milano è piovuto per tutta la durata dell’evento. La neve è caduta essenzialmente su un asse a ovest della linea Piacenza-Fiume Ticino. Il Piemonte è stato penalizzato per via delle precipitazioni più deboli. Gli accumuli più interessanti sulle colline piacentine, Oltrepò Pavese, Alessandrino e Cuneese. Sulla fascia prealpina nevicata abbondante sul Varesotto e sul Comasco occidentale, con accumuli anche di oltre 20 centimetri. La neve ha fatto la sua comparsa anche sulla zona dell’Altomilanese ( come a Busto Arsizio).

Neve sul Varesotto, piante cadute e incidenti: problemi su strade e  autostrade - MALPENSA24
La neve sulle strade del Varesotto. Numerosi gli alberi caduti e i disagi alla circolazione, complice la neve bagnata.

Dopo la nevicata del 4 la neve si è però gradualmente trasformata in pioggia anche lì dove la neve era caduta abbondante. Il tempo coperto e mite dei giorni successivi ha poi “consumato” gradualmente la neve, che in presenza di cielo sereno si sarebbe potuta in parte conservare grazie quantomeno alle gelate notturne. Il mese, iniziato scoppiettante, è proseguito decisamente con meno esaltazione. I giorni coperti sono stati molti ( seppur con poca pioggia) e le temperature sono salite gradualmente, fino a portarsi di molto sopra le medie tra il 15 e il 20 dicembre. Nella giornata del 20 la pioggia fa la sua ricomparsa su vaste aree, ma con temperature assai miti ( fino a 7/8 gradi con pioggia).

L’inverno è tornato poi a bussare prepotentemente la porta a cavallo di Natale. Tra la serata di Natale e Santo Stefano infatti una discesa fredda ha conquistato il Nord Italia. La formazione di un minimo di bassa pressione sul Mar Ligure si è andata a concatenare con una serie di altri fattori ( cielo limpido di notte e coperto di giorno) che hanno permesso alla neve di cadere abbondante sulla pianura, come non capitava da molti anni. L’intreccio di ogni elemento è stato perfetto e decisivo. Il 28 dicembre la neve comincia a cadere e lo fa in maniera abbondante su città come Milano, Pavia, Bergamo, Como, Lecco, Piacenza e Alessandria, nonché ancora sul Varesotto. Il Piemonte Occidentale è ancora una volta ai margini, a causa dell’ombra pluviometrica. La neve cade abbondante anche sulle Pedemontane Venete e Friulane, anche se qui sparirà quasi subito a causa delle piogge.

28 Dicembre | Milano si risveglia sotto la neve - Neve
Pupazzo di neve in Piazza Duomo a Milano. Negli ultimi inverni un immagine così sarebbe parsa un fotomontaggio. La nevicata nel capoluogo meneghino è la maggiore da quella dell’11-12 febbraio 2013. Sono passati più di sette anni e mezzo da quel giorno.

Sul Nord-Ovest il rasserenamento seguito alla neve ha esaltato il raffreddamento del terreno ( effetto albedo) e nelle giornate tra il 29 e il 31 alcune località piacentine e alessandrine hanno toccato punte di temperatura inferiori ai -10 gradi. E il nuovo anno? Dal punto di vista meteorologico è iniziato molto bene: tra il primo e il 5 diversi centri di bassa pressione non eccessivamente irruenti hanno portato piogge diffuse e regolari su gran parte del Nord. La neve è caduta abbondante su tutte le Alpi Italiane e sull’Appennino Settentrionale. Dal 5 gennaio le temperature sono calate ulteriormente e il tempo è tornato stabile. Numerose località alpine di fondovalle hanno segnato temperature molto basse: nella mattinata dell’11 gennaio Livigno ha toccato i -26 gradi, Brunico i -20. . Alla dolina Campoluzzo ( Altopiano di Asiago) il termometro è sceso fino a -39 gradi centigradi!

Freddo record in Veneto: -39,6 gradi alla dolina di Campoluzzo
La dolina Campoluzzo, sull’Altopiano di Asiago.

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L’Inverno 2020/2021: i Prodomi

Oggi è l’11 gennaio. La prima decade del mese ( e del nuovo anno) si è appena conclusa. Alcuni diranno che tracciare già un bilancio della stagione invernale è prematuro, in quanto manca ancora molto tempo all’arrivo della primavera. Eppure a ben pensare siamo praticamente alla metà della stagione invernale meteorologica ( che va dal 1 dicembre al 28 febbraio) e che ( almeno sulla carta) stiamo per abbandonare la parte più fredda dell’inverno ( le prime due settimane di gennaio). Inoltre, l’allungarsi della durata delle ore di sole (avvertibile, e non in modo trascurabile, alla sera), ci fa riflettere che nonostante tutto siamo già avviati verso la “bella stagione”.

Milano, i colori dell'alba catturati dalle webcam - la Repubblica
L’immagine dell’alba catturata da una webcam sull’area di Porta Nuova a Milano. L’immagine è del 13 gennaio 2015, quasi sei anni fa esatti. Il 13 gennaio la durata del dì ( ore di luce) a Milano è di 8 ore e 58 minuti.

Come si è presentato finora l’inverno 2020/2021 al Nord Italia? Dopo una serie di inverni particolarmente anonimi molti avrebbero giurato che anche questo sarebbe stato scialbo e privo di interesse. Per un appassionato di meteorologia questo vuol dire essenzialmente il solito inverno caldo, soleggiato, dominato dalle alte pressioni, con poco freddo e ( soprattutto!) poca neve. Orbene, l’inverno 2020/2021 ha regalato a molti appassionati della meteorologia nel Nord Italia una stagione molto interessante e ormai insperata. Certo, non è stato l’inverno dei sogni ( specialmente per qualche area) ma in linea generale un inverno così interessante non si vedeva da un numero discreto di anni.

Neve al Nord, imbiancata Milano: accumuli notevoli su piacentino, pavese e  parmense
Milano nella mattinata del 28 dicembre 2020. Uno strato di neve di 20 cm ha imbiancato uniformemente la città, anche nel centro. Un evento così rilevante non si vedeva da febbraio 2013 nella città meneghina.

Incredibile è poi il confronto con l’inverno precedente ( 2019/2020), forse l’inverno peggiore che un meteo appassionato ricordi. Che dire dell’inverno passato? Caldissimo ( 3,5 gradi sopra la media a Milano, il più caldo di sempre!), asciuttissimo ( a parte dicembre) e caratterizzato da continue alte pressioni che hanno portato l’inquinamento a livelli esacerbati, come non si vedeva da anni. Aggiungiamo poi che la sua fine ha coinciso con lo scoppio della pandemia in Italia ( oltretutto proprio in Lombardia). Insomma, un disastro.

Come sono stati i prodomi della stagione invernale? L’autunno 2020 è stato al Nord Italia una stagione di eccessi: molto caldo fino al 25 settembre, alla fine di quel mese si ha un’ondata di freddo fuori stagione di assoluta rilevanza ( basti pensare che in Piazza Duomo a Milano la temperatura scende fino a poco più di nove gradi), nelle stazioni in campagna si toccano anche punte inferiori ai 5 gradi ( 3 gradi nella Brughiera della Malpensa).

SETTEMBRE 2020 il più FREDDO degli ultimi 50 ANNI?
Mappa delle anomalie di temperatura alla fine di settembre 2020. Si nota come i valori siano stati più bassi sulle Alpi Occidentali. La neve è caduta qui fino a 1000 metri di quota.

Questa è seguita dopo pochi giorni da un altro evento assolutamente rilevante: tra il 2 e il 3 ottobre una perturbazione attivissima colpisce il Nord Ovest. Gli accumuli pluviometrici nella zona prealpina sono allucinanti e rappresentano qualcosa di jamais vu come cumulate giornaliere ( più di 500 mm nella zona del Verbano), quantitativi in effetti più degni della costa ligure che delle Prealpi. La perturbazione è accompagnata da un vento di scirocco fortissimo, foriero di numerosi danni al patrimonio boschivo ( es. Campo dei Fiori). La combinazione tra diluvio e tempesta, così strana per la Lombardia, ricorda da vicino l’evento che a fine ottobre 2018 sconvolse le Alpi Orientali ( Tempesta Vaia).

Il maltempo spazza il Vco esondazioni, frane e strade interrotte - Stampa  Diocesana Novarese
Il lungolago di Mergozzo ( provincia di Verbania-Cusio-Ossola) in seguito alle piogge torrenziali del 2-3 ottobre. Nella località ossolana sono caduti 620 mm di pioggia in un giorno. Con il valore della vicina Sambughetto ( Val Strona) si tratta dei dati più elevati della storia meteorologica del Piemonte.

Dopo la sfuriata, la calma, secondo quello schema che sembra ripetersi da qualche anno secondo il quale la natura sembra sfogarsi di tutta l’energia inespressa. Ottobre trascorre assai normale nelle prime due decadi, con temperature praticamente in linea. A partire dal 20 ha inizio però un periodo stabile e caldo che, seppur con qualche breve interruzione, dura fino al 20 del mese successivo. Novembre è assai avaro di precipitazioni ( solo 4,8 mm a Milano!), ma si conclude con un periodo freddo alla fine del mese, che porta le prime gelate diffuse a bassa quota. Guardando il mese precedente nessuno avrebbe dato qualcosa all’inverno.

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Inceneritori nel Nord Italia

Questo articolo è dedicato agli inceneritori attivi nel Nord Italia fuori dalla Lombardia

Piemonte

Inceneritore di Torino: l’inceneritore di Torino è l’unico impianto del genere della Regione Piemonte, che non possiede per il resto impianti che brucino i rifiuti. E’ situato nella località Gerbido, a sud-ovest della città, al confine con i comuni di Beinasco e Rivalta di Torino. Costruito tra il 2010 e il 2013, è entrato in funzione nel maggio del 2014. L’impianto è gestito dalla società TRM, che unisce il gruppo IREN con il comune di Torino. L’impianto è uno dei primissimi in Italia e smaltisce oltre 400.000 tonnellate di rifiuti all’anno.

Inceneritore di Torino, lo studio sanitario rivela metalli nel sangue, ma  l'imputato è il traffico auto - Torino Oggi
L’inceneritore del Gerbido a Torino

Valle d’Aosta

Questa regione non possiede impianti di incenerimento

Liguria

Questa regione non possiede impianti di incenerimento

Veneto

Inceneritore di Padova: l’impianto è situato nella zona industriale di Padova, ad est della città. E’ gestito dalla società APS AMGA, che gestisce anche l’impianto di Trieste. Brucia in media 150.000 tonnellate di rifiuti all’anno, in prevalenza urbani e provenienti dal bacino padovano.

Inceneritore di Schio: situato nella zona industriale tra i comuni di Thiene e Schio, nell’Alto Vicentino, zona famosa per l’elevata industrializzazione. Smaltisce circa 80.000 tonnellate di rifiuti all’anno.

PADOVA: L'INCENERITORE SENZA BARRICATE, «SIAMO I MIGLIORI D'EUROPA» -  VEJA.it
L’impianto padovano

Friuli Venezia Giulia

Inceneritore di Trieste: E’ situato nel comune di Trieste, nella zona industriale di Muggia. Gestito dalla società APS AMGA, smaltisce circa 200.000 tonnellate di rifiuti all’anno.

Inceneritore di Spilimbergo: si tratta di un piccolo impianto situato nella Pedemontana Friulana della provincia di Udine. Gestito dalla società Mistral, è uno degli impianti più piccoli d’Italia ( smaltisce circa 30.000 tonnellate di rifiuti all’anno)

Trentino Alto Adige

Inceneritore di Bolzano: è situato nel comune capoluogo dell’Alto Adige, lungo il fiume Isarco, nella zona industriale a meridione della città. Smaltisce annualmente tra le 80.000 e le 100.000 tonnellate di rifiuti urbani e industriali provenienti da tutti i 116 comuni della provincia autonoma di Bolzano. L’impianto è recente ed è entrato in servizio a luglio del 2013. E’ in grado di trattare un massimo di 130.000 tonnellate di rifiuti all’anno.

Nuovo Termovalorizzatore di Bolzano
Il nuovo inceneritore di Bolzano

Emilia Romagna

L’Emilia-Romagna è di gran lunga la seconda regione più dotata di impianti di incenerimento ( dietro solo alla Lombardia). La regione conta infatti sette impianti. Caratteristica tipica degli impianti emiliani sono le dimensioni medie, a differenza della Lombardia dove invece vi è una forte polarizzazione tra impianti grandi e piccoli.

Termovalorizzatore di Granarolo dell’Emilia: E’ situato nel comune di Granarolo dell’Emilia , a nord-est di Bologna, in un’area di aperta campagna. Smaltisce circa 600 tonnellate di rifiuti al giorno ripartite su due linee di smaltimento. La vita dell’impianto ha avuto inizio nel 1971, il che lo rende uno dei primi esempi a livello italiano. Durante gli anni ha subito molte ricostruzione per l’adeguamento alle normative in continua evoluzione., l’ultima nel 2001. E’ gestito da HERA.

Inceneritore di Ferrara: situato nei pressi della centrale del teleriscaldamento, l’impianto ferrarese è entrato in esercizio nel 1994. La capacità di smaltimento è pari a 130.000 tonnellate all’anno. E’ gestito dal gruppo HERA.

Inceneritore di Forlì: E’ situato nel comune di Forlì, all’interno dell’area industriale a nord della città, in direzione dell’autostrada. E’ stato avviato nel mese di agosto del 2008 e vanta una capacità di incenerimento di 120.000 tonnellate all’anno. Nel corso del 2009 sono state dismesse le vecchie 2 linee ed è rimasta attiva solo la nuova linea 3.

Inceneritore di Coriano: E’ situato in provincia di Rimini, a sud della città di Riccione, in una zona collinare. E’ in grado di smaltire un massimo di 150.000 tonnellate di rifiuti all’anno, 30.000 di derivazione extra-regionale. La configurazione attuale risale al 2008. L’impianto iniziale risale al 1976. E’ gestito da HERA.

Inceneritore di Modena: E’ situato nell’area industriale a nord-est della città. L’impianto è entrato in esercizio nel 1980. Nella configurazione attuale le ultime modifiche risalgono agli anni 2008-2009-2010. E’ gestito da HERA

Inceneritore di Parma: E’ situato nel comune di Parma, a nord della città, in una zona compresa tra l’Alta Velocità, il Canale Naviglio e le vie Ugozzolo e Forlanini. E’ gestito dalla società IREN ed è entrato in esercizio a marzo 2014. Prevede due linee di incenerimento per una capacità massima di 190.000 tonnellate all’anno. Smaltisce circa 130.000 tonnellate di rifiuti urbani all’anno.

Inceneritore di Piacenza: E’ situato nella località Borgoforte, tra l’autostrada A21 e l’argine maestro del fiume Po. E’ gestito dalla società IREN e smaltisce circa 120.000 tonnellate di rifiuti all’anno.

Portale Istituzionale del Comune di Parma - Sezione Ambiente - Inceneritore  di Parma
Inceneritore di Parma

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