Drammatico maltempo tra Costa Azzurra e Italia nord-occidentale

Benché la tempesta Alex abbia avuto il suo cuore sul Nord-Ovest della Francia, i danni più gravi legati ad essa si sono verificati in un’area molto distante: quella compresa tra la Regione Alpina e il Mediterraneo. Tali danni sono stati legati a massicci accumuli pluviometrici, alcuni di portata storica.

 

Sud-Est della Francia

Prima del passaggio del fronte freddo legato alla Tempesta Alex, forti correnti meridionali di origine mediterranea si sono attivate dal Mar Ligure in direzione della Costa Azzurra. Un violentissimo fronte piovoso, con all’interno numerosi temporali in serie, ha colpito per tutta la giornata del 2 ottobre i dipartimenti del Var e delle Alpi Marittime. Su quest’ultimo dipartimento le piogge hanno assunto una caratteristica di vero e proprio diluvio. I temporali si sono sviluppati particolarmente lungo una linea di convergenza che ha preferito l’interno della regione, dove le precipitazioni sono state esacerbate dal sollevamento orografico dei pendii.

La pioggia più intensa ha interessato diversi bacini afferenti al fiume Var, specialmente le vallate della Tinee, della Vesubie, dell’Esteron e, al confine con l’Italia, del Roya. La differenza tra la costa e l’entroterra è stata enorme: mentre a Cannes e a Nizza sono caduti rispettivamente 43 e 44 mm, a Sospel (Val Roya) sono caduti 212 mm. Gli accumuli sono stati spaventosi sul contrafforte delle Alpi Marittime: a Saint-Martin-Vesubie (960 metri sul livello del mare) in una giornata sono caduti 500 mm di pioggia, dei quali 218 mm in sei ore (quelle serali del 2). Questi dati rappresentano dei record per il dipartimento: mai così tanta acqua era caduta in un così breve lasso di tempo.

La piena del fiume Vesubie ha raggiunto i 700 metri cubi al secondo. Questo corso d’acqua è salito di 6-7 metri in qualche ora. Il fiume Var, il principale del dipartimento, ha raggiunto una portata di colmo di 3000 metri cubi al secondo a Nizza (valore equivalente al doppio della portata media del Po).

Dramma in Costa Azzurra e Var: vittime, dispersi e danni ingenti - La  Stampa - Ultime notizie di cronaca e news dall'Italia e dal mondo
Immagini delle devastazione in Costa Azzurra dopo le violente piogge, Qui siamo a Breuil-sur-Roya

Italia del Nord-Ovest

Piemonte

Il flusso meridionale ha colpito in maniera violentissima le zone montuose del Piemonte. Particolarmente interessate due zone: le Alpi Marittime del Cuneese (in particolar modo la zona di Tenda) e l’area del Verbano-Cusio-Ossola, nel nord della regione. Sulle Alpi Marittime le precipitazioni maggiori si sono registrate sulle valli Gesso, Vermenagna e Tanaro. A Limone Piemonte sono caduti 583 mm di pioggia in 24h, di cui 517 in 12 ore. Entrambi questi dati sono i più elevati mai registrati dalla Rete Arpa Piemonte dal momento della sua creazione. Mai era piovuto così tanto in così poco tempo.

Nella porzione settentrionale della regione, nella zona del Verbano, le precipitazioni sono state ancora maggiori: a Sambughetto (Val Strona) sono caduti 662 mm di pioggia in 24h, a Mergozzo 620 mm, a Piedicavallo (Biella) 610 mm. Questi valori sono qualcosa di veramente spaventoso, di enormemente rilevante. Secondo le statistiche meteo preliminari si tratta dei valori giornalieri di precipitazioni più rilevanti mai registrati in Italia nel nuovo millennio; il precedente record di 532 mm, registrato a Brugnato (La Spezia) in occasione dell’alluvione del 2011 è stato letteralmente polverizzato.

Maltempo, allagamenti ed esondazioni a Mergozzo - La Stampa - Ultime  notizie di cronaca e news dall'Italia e dal mondo
Immagine della notte del 2-3 ottobre 2020 a Mergozzo ( provincia del Verbano-Cusio-Ossola). Le piogge torrenziali hanno provocato estesi allagamenti.

Tra i comuni capoluogo spiccano i 265 mm di Biella e i 221 mm di Verbania. Caduti anche 134 mm a Vercelli, 114 mm a Novara e 113 mm a Casale Monferrato. A Varallo Sesia il fiume Sesia ha raggiunto il livello record di 8,54 metri, con un colmo di piena stimato di 3000 metri cubi al secondo. Diversi allagamenti dovuti al Sesia si sono avuti nel Vercellese. In Valle d’Aosta le precipitazioni abbondanti hanno riguardato il settore sud-orientale della valle. Piene rilevanti dei torrenti Lys (Valle di Gressoney), Evancon (Val d’Ayas) e Ayasse ( Valle di Champorcher).

Liguria

La Liguria è stata interessata da un flusso molto umido di origine meridionale, che ha pilotato rovesci e temporali molto intensi, prima sul Ponente e poi sul Levante. Nella prima fase tutta la regione è stata interessata da una sostenuta ventilazione di scirocco, proveniente dai settori sud-orientali. Nella notte tra venerdì e sabato è transitato il ramo più attivo della perturbazione, seguito da aria più fresca di origine atlantica. Contestualmente i venti sono ruotati da sud-est a sud-ovest. Questa fase più intensa ha flagellato prevalentemente il Ponente e le Alpi Liguri in primis. Il Levante ha mancato la fase più intensa, anche se qui l’instabilità si è protratta per più tempo.

Gli accumuli maggiori si sono avuti sulle Alpi Liguri (394 mm a Briga Alta, 350 mm a Molini di Triora, Imperia). Forti accumuli anche sull’Appennino del Genovesato orientale (334 mm al Monte Laghicciola, Aveto), 312 mm a Buto (Val di Vara, entroterra spezzino). Sulla costa gli accumuli sono stati grandemente inferiori e molto irregolari (massimi fino a 150 mm localmente). Le precipitazioni ( a causa della natura temporalesca) sono state erratiche anche nell’interno, dove si rilevano come valore notevole i 250 mm caduti a Cairo Montenotte ( Val Bormida), valore questo molto rilevante per la località. Nonostante le precipitazioni siano state molto abbondanti quest’ondata di maltempo non è stata eccezionale per la Liguria.

Maltempo in Liguria, alle spalle di Diano Marina un fiume di acqua e terra  invade la strada - Corriere TV
Fiume d’acqua nelle strade della località imperiese di Diano Marina

Lombardia e Canton Ticino

Forti precipitazioni hanno interessato anche la Lombardia, che in un primo momento sembrava dover essere risparmiata dal peggio del maltempo. . Sulla regione il flusso da sud-est molto sostenuto ha lasciato con accumuli modesti gran parte delle aree di pianura centro-orientali (25 mm caduti a Treviglio, 20 mm a Mantova, 10 mm a Poggio Rusco, Oltrepò Mantovano). Al secco anche il Pavese (ma non la Lomellina) con 30 mm caduti a Pavia e solo 20 mm nella fascia pedemontana dell’Oltrepò Pavese. A Brescia sono caduti tra i 40 e i 50 mm di pioggia, a Bergamo sui 60 mm. Nell’area urbana milanese accumuli fortemente irregolari: alla stazione di Cadorna caduti 80 mm, mentre a San Siro ben 120 mm. Solo 30 mm a Cinisello Balsamo e San Donato Milanese.

Gli accumuli a bassa quota si impennano e sono rilevantissimi invece sul settore nord-occidentale della regione, specialmente sul Varesotto, interessato in pieno dal fronte piovoso in risalita dal Piemonte in direzione del Verbano. 284 mm sono caduti a Tronzano Lago Maggiore. Interessata anche una porzione del Varesotto Centrale (260 mm a Crosio della Valle). Gli accumuli più rilevanti hanno però interessato le aree montuose esposte al flusso umido, particolarmente le Orobie e la Valchiavenna. 298 mm sono caduti a Barzio (Lecco), 297 mm nel vicino Maggio di Cremeno. 270 mm a Colere e 248 mm a Valbondione (Orobie Bergamasche).

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La piena del Po nel tratto piemontese

In Valchiavenna sono caduti 304 mm a Madesimo, valore rilevantissimo. A Pescegallo di Gerola Alta (Val Gerola, Orobie Valtellinesi), luogo particolarmente esposto al flusso di sud-est, le piogge hanno totalizzato un totale di circa 400 mm. Nel vicino Canton Ticino svizzero le piogge sono state abbondantissime nella porzione occidentale a Nord del Verbano (zona del Locarnese, Centovalli). 421 mm di pioggia sono caduti in un giorno a Camedo (Centovalli). Tale dato è il valore di pioggia giornaliera più elevato misurato in Svizzera dal 1935 (quando un valore ancora maggiore fu rilevato nello stesso comune).

Vento

La tempesta di scirocco che ha accompagnato il maltempo è stata molto violenta, ma soprattutto è stata duratura. Il vento si è intensificato rapidamente nella mattinata di venerdì 2 ed è proseguito intenso fino alla mattina del giorno successivo. Raffiche superiori ai 100 km/h sono state registrate sulla Costa Ligure. I valori più elevati hanno interessato però il comparto alpino, specialmente le creste di confine. In Svizzera la stazione meteo di Pizzo Matro ( Canton Ticino, sopra Biasca) a quota 2171 metri, a registrato una raffica massima da sud di 181,1 km/h. Si tratta del secondo valore più alto mai registrato. A Nord dello spartiacque il vento ha soffiato come foehn, registrati 159 km/h a Elm ( Canton Glarona). 161 km/h al Guetsch, sopra Andermatt ( Uri).

Maltempo in Lombardia: pioggia, forte vento e alberi caduti - Cronaca -  ilgiorno.it
Albero abbattuto dal vento in Provincia di Varese

Piene dei laghi: aumento record per il lago Maggiore

Le precipitazioni violentissime che si sono abbattute sul bacino del Verbano hanno provocato un ulteriore, imponente, record meteorologico. Il livello del Lago Maggiore è infatti cresciuto di 230 cm in soli due giorni e di 180 cm in un solo giorno. Il livello idrometrico del lago è passato infatti da un livello di 36 cm il giorno 2 ad un massimo di 263 cm il giorno 4. Nella storia delle misurazioni del lago un incremento così repentino è quasi unico nella storia. L’afflusso nel Lago Maggiore ha raggiunto un valore incredibile di 4100 metri cubi al secondo il giorno 3 ottobre ( si tratta, per intenderci, del triplo della portata media del fiume Po).

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La Tempesta Alex

Nei primissimi giorni di ottobre 2020 una circolazione atlantica molto attiva si è fatta strada dopo un lungo periodo dominato da figure anticicloniche. Tale circolazione atlantica ha interessato in maniera estremamente marcata l’Europa Occidentale, mentre l’Europa Orientale è rimasta sotto l’influenza di un forte campo anticiclonico centrato sulla Russia. Ciò ha creato di fatto un dipolo: pressione molto bassa sull’Europa Occidentale e pressione molto alta su quella Orientale. Questa differenza così notevole di pressione è favorevole allo sviluppo di forti venti.

Formazione

La circolazione nord-atlantica ha cominciato in realtà ad essere molto attiva già a fine settembre, quando, a partire dal 22-23, una profonda saccatura in discesa dalla Groenlandia sulle Isole Britanniche ha comportato il dilagare di una massa d’aria molto fredda per la stagione sull’ovest del continente. Dopo un’effimera rimonta anticiclonica, il 30 settembre, una nuova discesa di aria polare marittima si è spinta verso sud, questa volta in pieno oceano, a ovest dell’Irlanda. Tale ondulazione è stata causata anche dai resti dell’Uragano Teddy, in rimonta al largo degli Usa Nord-Orientali. L’ ondulazione ha creato un gradiente barico molto forte, accompagnato da una forte corrente a getto.

La Corrente a Getto ( Jet Stream)

La corrente a getto altro non è che un immenso “fiume” d’aria, situato a oltre 10 km di quota, appena sotto la tropopausa ed è caratterizzata da velocità del vento molto elevate (300-400 km/h). Tale corrente scorre tra i confini di masse d’aria con significativi gradienti termici orizzontali. La massa d’aria in discesa dal Nord Atlantico era accompagnata da un’ondulazione della corrente a getto. Tale corrente è fondamentale per lo sviluppo di tempeste, in quanto tende a velocizzarne il moto e lo sviluppo.

Corrente a getto - Wikipedia
Immagine grafica della corrente a getto

La formazione della tempesta

Il 31 settembre una depressione sul Golfo di Biscaglia, alimentata della discesa fredda e dalla corrente a getto, ha cominciato a svilupparsi rapidamente. Meteo France ha dato alla depressione il nome di “Alex” il giorno stesso. Nelle 24 ore seguenti la tempesta si è rapidamente evoluta mentre a gran velocità si dirigeva in direzione nord-est, verso la regione francese della Bretagna. La sua evoluzione ha comportato una perdita di pressione nel centro della depressione di oltre 30 hpa in 24 ore, calo di pressione che viene riferito a una cosiddetta “bomba meteorologica”. La tempesta, ormai dai connotati ciclonici ( forma a spirale) ha toccato terra nella notte tra giovedì 1 e venerdì 2 settembre nella porzione meridionale della Bretagna.

Cette nuit, l'oeil de la tempête Alex va traverser la région de Vire  Normandie | La Voix le Bocage
Immagine satellitare ( Fonte: Meteociel) che mostra la tempesta nelle ore mattutine di venerdì 2 ottobre 2020. Si nota molto bene la struttura a spirale, tipica delle tempesta extratropicali. La zona centrale priva di nubi, al centro della rotazione, rappresenta il minimo ( luogo dove la pressione è più bassa). Intorno al minimo ruota la grande depressione, rappresentata dalla nuvolisità ( bianco) presente su gran parte di Francia e Inghilterra.

La Tempesta Alex

Le raffiche di vento più intense hanno colpito la porzione a sud-est del centro della depressione. Particolarmente colpito il Dipartimento del Morbihan, tra mezzanotte a le prime ore del mattino. Record di vento sull’isola di Belle-Ile-en-Mer con raffica massima a 186 km/h, sull’isola di Groix raffica a 157 km/h. Nell’immediato entroterra raffiche fino a 130 km/h, intorno ai 100 km/h altrove. La tempesta ha proseguito la sua corsa in direzione nord, attraversando la Bretagna ed entrando nel Canale della Manica.

Il centro della depressione ha raggiunto qui la pressione minima, all’incirca 970 hpa nel braccio di mare tra le Isole Normanne e la penisola del Cotentin. Le raffiche sono state però qui molto inferiori che sul Morbihan. La tempesta ha poi continuato la sua corsa con una traiettoria molto insolita, formando una sorta di giro che l’ha portata a riattraversare il cammino già percorso e sfilare in direzione sud, parallelamente alla costa occidentale francese.

Tempête Alex : fort coup de vent sur l'ouest - Actualités météo - Météo  Bretagne
Raffiche di vento massime registrate ( fonte: MeteoBretagne)

I Danni

La tempesta Alex ha attivato un flusso occidentale che per diversi giorni ha tenuto sotto scacco l’Europa dell’Ovest. Piogge torrenziali e forti venti hanno colpito diversi paesi, provocando danni significativi.

Francia

Bretagna: oltre ai venti tempestosi la tempesta Alex ha provocato anche piogge molto abbondanti su tutta la regione, specialmente nel settore settentrionale, maggiormente sottovento ma interessato da piogge più consistenti. In una prima fase le piogge sono cadute maggiormente sul dipartimento delle Cotes d’Armor, mentre in una seconda fase (che si è conclusa il 5 ottobre) sono cadute sul dipartimento della Manche. Sul dipartimento della Cote d’Armor le cumulate su tre giorni sono state molto abbondanti, fino a 180 mm nei luoghi più esposti. Sul dipartimento della Manche gli accumuli sono stati dell’ordine degli 80 mm. Al culmine dell’episodio ventoso, tra le 80.000 e le 100.000 persone erano senza elettricità in Bretagna, prevalentemente nel Morbihan.

Tempête Alex : des cours d'eau encore en crue dans les Côtes-d'Armor  [Direct] - Bretagne - Le Télégramme
Allagamenti in Bretagna

Aquitania: il flusso occidentale ha apportato precipitazioni molto abbondanti sui Pirenei Occidentali e sul dipartimento delle Landes, soprattutto nella giornata di domenica 4 ottobre. Le precipitazioni sono nettamente diminuire lunedì mattina. La zona sta conoscendo piogge continue da circa tre giorni, con accumuli massimi anche dell’ordine dei 200 mm (generalmente intorno ai 150 mm)

Valle del Rodano e Borgogna: la tempesta ha richiamato sulla Francia Orientale un forte flusso di correnti meridionali, di origine mediterranea, che hanno dato origine ad un corridoio di forti piogge che dalla Provenza si è esteso a nord fino al Sud della Borgogna. Interessati i dipartimenti del Drome, dell’Ardeche, del Rodano, dell’Ain, della Saone et Loire, del Jura e della Cote-d’Or. Gli accumuli sono stati generalmente intorno ai 100 mm e si sono verificati prevalentemente nella giornata di venerdì 2. Nella località di La Rochepot ( Cote d’Or) sono caduti 104 mm di pioggia in un giorno. Si tratta del nuovo record storico per la Borgogna nel mese di ottobre

Regno Unito

Anche il Regno Unito è stato colpito duramente dal maltempo. In una prima fase (metà giornata del 2 ottobre), le contee meridionali dell’Inghilterra hanno visto forti raffiche di vento in contemporanea con il transito di Alex sulla Manica. Il vento è stato più forte sulle coste del sud-ovest (specialmente Devon e Cornovaglia). La raffica massima registrata in UK è di 114 km/h a Berry Head (Devon). In una seconda fase (tra sabato 3 e domenica 4 a mezzogiorno) piogge continue e insistenti hanno interessato ancora una volta il Sud-Ovest del paese. L’accumulo massimo è stato comunque modesto rispetto ai dati francesi ( 78 mm a Lyss, Hampshire).

UK weather: Storm Alex batters south-west England with gale-force winds |  UK weather | The Guardian
Il maltempo non ha risparmiato l’Inghilterra. Mareggiate e vento oltre i 100 km/h hanno colpito la costa sud-occidentale

Sud-est della Francia, Regione Alpina, Italia Nord-Occidentali

La Tempesta Alex, traslando verso est, ha attivato correnti molto umide di origine mediterranea. Queste correnti, che hanno portato raffiche sostenute di scirocco, hanno trasportato verso la Regione Alpina e le aree limitrofe quantitativi impressionanti di vapore acqueo da tutto il bacino del Mediterraneo. Il vapore acqueo è stato convogliato sulla regione e incontrando i rilievi si è sollevato, dando origine a piogge torrenziali, alcune di intensità record. Per un approfondimento riguardo il maltempo su quest’area, sicuramente il più severo sviluppatosi in Europa durante la tempesta, vedere il nuovo articolo.

Les infos de 18h - Tempête Alex : "inquiétude" de Castex, Italie... Le  point sur la situation
Scene di devastazione dovute alle piogge torrenziali nel dipartimento delle Alpes-Maritimes

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Gli Incendi di Ottobre 2017 in Piemonte

L’Evoluzione Meteorologica: le Temperature


Ottobre 2017 è stato un mese eccezionale per la storia meteorologica del Piemonte. Si è trattato infatti del secondo mese più caldo degli ultimi sessantanni, con uno scostamento di +2,9 gradi rispetto alla media storica 1970-2000. Particolarmente rilevante lo scostamento per le temperature massime medie, che sull’insieme del territorio pianeggiante sono state di 20,8 gradi (ben 4,5 gradi al di sopra dei valori medi). Le temperature minime invece, complice il cielo sereno e i suoli secchi, sono state decisamente più fredde (con uno scostamento di circa 1,2 gradi rispetto alla media 1970-2000). Gli scostamenti termici maggiori, sia per le massime (circa +5/+6 gradi), che per le minime (+3+4 gradi) si sono registrati sul settore alpino (specialmente Val di Susa e Valli del Cuneese). In pianura le anomalie sono state meno marcate e sono state di +3+4 gradi per le massime (ma fino a +5 tra Torino e dintorni), mentre le minime sono state quasi ovunque nelle medie o addirittura sotto, specie nelle zone più riparate con forte ristagno dell’aria fredda nei bassi strati (conche, brughiere etc.).

Incendi in Piemonte: un disastro naturale e sociale. Ultimi aggiornamenti e  cause - eHabitat.it
Immagine dell’incendio a monte di Bussoleno ( Bassa valle di Susa)

Le Precipitazioni

Per quanto riguarda le precipitazioni il mese è stato eccezionalmente secco, si è trattato infatti del mese di ottobre più secco degli ultimi sessant’anni, con una media di appena 3 mm di pioggia sul totale della regione. Il valore è eccezionale e rappresenta un deficit del 98 % sul valore medio di 133 mm (in Piemonte ottobre è il mese più piovoso dell’anno). Le precipitazioni mensili sono state superiori ai 10 mm solo sulla porzione alpina e appenninica del territorio (ad esclusione della Valle di Susa) mentre in pianura praticamente non è mai piovuto, ad esclusione di effimere precipitazioni (circa 5 mm) nel Novarese al confine con la Lombardia.

VALSUSA : QUINTO GIORNO DI INCENDI NEL DISINTERESSE TOTALE – Radio Onda  d`Urto
Incendio sopra la Val di Susa

Il Vento

La situazione siccitosa è stata aggravata dalla ricorrenza di numerosi episodi di fohn (vento secco proveniente da nord) che hanno ulteriormente disseccato il terreno. Episodi di fohn hanno infatti colpito la regione nei giorni 5-6 ottobre e poi nei giorni 22-23 e 27-28-29-30 ottobre. Un ulteriore episodio di fohn ha interessato la regione il 5 novembre. Questi numerosi episodi sono stati causati da una forte differenza barica tra un possente anticiclone posizionato sull’Europa Occidentale (massime anomalie bariche positive sul Golfo di Biscaglia) e una vasta aria depressionaria colma di aria fredda sull’Europa Orientale. Tale differenza barica ha portato condizioni anticicloniche sull’Italia Nord-Occidentale, condite da numerosi episodi di vento da Nord secco.

Valchiusella, ritornano le fiamme. I volontari impegnati a domare un nuovo  fronte dell'incendio - Canavese News - News dal Canavese e dintorni
L’incendio domato in Val Chiusella

L’intensità del Vento



Le raffiche più intense durante il mese si sono registrate presso il Rifugio Luigi Vaccarone, a quota 2700 metri in Valle di Susa (comune di Giaglione), a monte dell’abitato di Chiomonte. Nella giornata del 29 ottobre qui le raffiche hanno raggiunto i 133 km/h, mentre nella giornata del 27 ottobre i 104 km/h. In località Pietrastretta (frazione di Susa) le raffiche hanno raggiunto i 95 km/h il 6 ottobre e i 91 km/h il 29. Tra le stazioni a bassa quota è da segnalare: Avigliana ( TO): max 61 km/h il 29 ottobre, Pinerolo ( TO): max 65 km/h il 22 ottobre, Borgofranco d’Ivrea ( TO): max 60 km/h il 23 ottobre, Pallanza (Verbania): 64 km/h il 22 ottobre, Domodossola ( VB): max 54 km/h il 6 ottobre.

Visione satellitare incendi in Piemonte | ANCI Piemonte
Gli incendi satellitari del Piemonte visti dal satellite. Si nota la spessa coltre di fumo presente sulla pianura piemontese, trasportata dai venti occidentali. Si nota nella porzione in basso a sinistra la completa mancanza di neve sulle Alpi Marittime



Gli Incendi


La parte critica per gli incendi è stata l’ultima porzione del mese, a partire dal 22 ottobre. Questo a causa degli episodi di fohn e del suolo già notevolmente secco a causa della mancanza di perturbazioni perdurante da tre settimane. In totale si stima che gli incendi abbiano divorato una superficie complessiva di 10.000 ettari di territorio (100 chilometri quadrati), una superficie paragonabile a quella del comune di Torino (130 kmq). I numeri sono impressionanti e sono paragonabili alla superficie bruciata in Piemonte nell’arco di dieci anni. Per fare un raffronto, nel corso del 2017 (hanno che ha visto un’estate siccitosa da record) in tutta Italia sono andati in fumo circa 140.000 ettari.

Gli incendi più grossi si sono sviluppati tra il 22 e il 27 ottobre e sono ( località prossime):

  • Mompantero (Media Valle di Susa)
  • Bussoleno (Bassa Valle di Susa)
  • Cumiana-Cantalupa- Monte Freidour (Ovest di Torino)
  • Rubiana-Caprie (Bassa Valle di Susa)
  • Perrero (spartiacque tra Val Germenasca e Val Chisone)
  • Traversella (Val Chiusella, Canavese)
  • Ribordone (Valle dell’Orco)
  • Casteldelfino (Valle Varaita)
  • Sambuco (Valle Stura)

Bisogno poi ricordare che negli stessi giorni in cui gli incendi devastavano il Piemonte, un altro grande rogo è divampato nel Massiccio del Campo dei Fiori ( Provincia di Varese). Questo rogo ha distrutto circa 100 ettari di terreno.

Incendi nel Varesotto: si lavora ancora a Campo dei Fiori, riaperte le  scuole - Meteo Web
Gli incendi che hanno devastato il Massiccio del Campo dei Fiori visti da sud




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Gli Incendi della California del 2020

Tra la seconda metà del mese di agosto e le prime tre settimane del mese di settembre 2020 una serie di incendi eccezionali sia per numero che per superficie di territorio interessato ha colpito lo stato della California. Molti di questi incendi sono attivi ancora adesso. Al giorno 15 settembre un totale di 7718 incendi ha colpito lo stato, bruciando una superficie complessiva di circa 1.400.000 ettari (14.000 chilometri quadrati, l’equivalente della superficie complessiva della Puglia). L’intensità record di questi incendi è stata dovuta ad alcune ondate di calore senza precedenti, un livello molto elevato di siccità, una gestione dei boschi carente e diversi episodi di venti secchi (Santa Ana Winds).

Poderoso incendio nel sud della California: centinaia di abitazioni in  pericolo - Video - Sputnik Italia
Una delle apocalittiche immagini dei roghi

Gli antecedenti

Fin dai primi mesi dell’anno le autorità avevano messo in guardia circa la possibilità di una stagione degli incendi assai attiva in California, in particolare a causa della secchezza eccezionale dei mesi di gennaio e febbraio, due tra i più secchi mai registrati nello stato. Il 22 marzo il governatore della California, Gavin Newsom, ha dichiarato uno stato di emergenza a causa della massiccia moria di alberi, che avrebbe potuto aumentare considerevolmente il rischio di incendi. Nonostante questo, i mesi primaverili sono stati abbastanza piovosi e questo ha ridotto il rischio di incendi. Con l’inizio dell’estate però l’aumento delle temperature e il ritorno del secco ha fortemente aumentato il rischio di roghi. Nonostante ciò, i mesi di giugno e luglio non sono stati eccezionalmente caldi e il suolo era ancora debolmente umido dalle piogge dei mesi precedenti.

La prima fase degli incendi

L’attività degli incendi non è stata quindi rilevante per tutto il mese di giugno e la prima metà di luglio. In questo periodo  non ci sono stati incendi degni di nota, se si escludono il Wood Fire di San Diego (11.000 acri bruciati tra l’8 e il 12 giugno) e il Mineral Fire di Fresno (30.000 acri bruciati, iniziato il 13 luglio ed estinto il 26).  Nel periodo 20-31 luglio si assiste ad una serie notevole di incendi, che si sviluppano per lo più nel Nord della California: tra il 20 luglio e l’8 agosto si sviluppa il Gold Fire (Contea di Lassen) che brucia 22. 000 acri; tra il 22 luglio e il 7 agosto l’incendio detto July Complex (contee di Modoc e Siskiyou, che brucia 83.000 acri); il 26 luglio il Red Salmon Complex (contee di Humboldt, Siskiyou, Trinity) che brucia 95.000 ettari e ad oggi è estinto solo al 18%). Il giorno 31 luglio un altro incendio notevole si sviluppa questa volta nella California del Sud, presso Riverside (Apple Fire, 33.000 ettari bruciati, al 16 settembre è estinto al 95%). Tra il primo e il 12 agosto si assiste ad una pausa degli incendi. Il giorno 12 scoppia il Lake Fire, contea di Los Angeles (31.000 ettari in fumo, al 16 settembre estinto al 95%).

July Complex Fire Update 8/4/2020 | My Basin
Immagine del July Complex Fire

La fase acuta degli incendi: dal 14 agosto ad oggi

Tra il 14 e il 16 agosto un’ondata di calore senza precedenti ha colpito la California Settentrionale. Nella Bay Area di San Francisco le temperature registrate sono state da primato e hanno battuto tutti i record. Napa, centro principale della zona vinicola della Napa Valley, ha raggiunto i 40 gradi, San Jose i 39,5 e il centro di San Francisco (conosciuto per le sue nebbie) i 35. A partire però dalle prime ore del 16 agosto e per le successive 72-96 ore una serie di temporali in numero incredibile ha colpito la porzione settentrionale dello stato (e in particolar modo la Bay Area). Questi temporali sono stati causati dai resti della tempesta tropicale “Fausto”. Questi temporali sono stati però per la maggior parte “dry thunderstorms” ovvero temporali secchi, che hanno prodotto solo fulmini, senza precipitazioni. Questi fulmini hanno causato l’innesco di numerosissimi fuochi in tutta la California del Nord. Questi incendi si sono poi evoluti in “megafires”, incendi giganteschi, i più grandi della stagione e probabilmente i maggiori che la California abbia sperimentato nei tempi moderni.

Lightning, high winds buffet Sonoma County, Bay Area
Fulmini sopra la Contea di Sonoma, Bay Area di San Francisco

Gli incendi prodotti dai fulmini

  • River Fire (contea di Monterey, Cal. Merid.): 48.000 acri bruciati, periodo: 16 agosto-4 settembre
  • SCU Lightning Complex, Santa Clara Unit Complex Fire: Bay Area. 396.000 acri in fumo. Iniziato il 16 agosto, contenuto al 96% il 9 settembre
  • August Complex: un immenso sistema di incendi che sono iniziati separatamente e poi si sono fusi insieme. Interessa le contee di Glenn, Mendocino, Lake, Tehama e Trinity, nel Nord della California. Iniziato il 16 agosto, al 12 di settembre era estinto solo al 25%. Al 17 settembre aveva bruciato ben 840.000 acri, diventando l’incendio più grande nella storia moderna della California.
  • CZU Lightning Complex: complesso che interessa le contee di Santa Cruz e San Mateo, nel Nord della California, 86.000 ettari in fumo. Iniziato il 16 agosto, al 15 di settembre il 91% era stato domato

North Complex: complesso di incendi della California del Nord (contee di Plumas e Butte): iniziato il 17 agosto, dall’8 settembre è esploso a causa dei venti secchi. Ad ora ha bruciato 284.000 acri

LNU Lightning Complex: complesso di incendi iniziato il 17 agosto. Interessa l’area della Napa Valley ( contee di Colusa, Lake, Napa, Sonoma, Solano e Yolo. All’8 settembre il 91% dell’incendio era stato domato. 365.000 ettari distrutti

Cold Springs Fire: è iniziato il 18 agosto e ha interessato la contea di Lassen, nel Nord della California. Ha bruciato 84.000 acri. All’8 settembre era estinto al 98%

Sequoia Complex (contea di Tulare): Iniziato il 19 agosto, sta interessando il famoso Parco Nazionale di Sequoia ( Sequoia National Park), sulla Sierra Nevada. Al 17 settembre, è stato contenuto solo per il 12%

NASA Satellite Sees Fires Up and Down U.S. West Coast | NASA
Immagine satellitare mostrante alcuni degli incendi sul territorio californiano

Situazione attuale

Ad oggi (22 settembre) la situazione degli incendi appare contrastata. In linea di massima il peggio sembra essere passato e la superficie attualmente in fiamme è molto minore che durante il picco dell’emergenza. Nonostante questo si evidenzia una dicotomia tra gli incendi nella California Meridionale e lungo le Catene Costiere (prossime ai grandi centri abitati) e gli incendi nel Nord dello Stato e nella Sierra Nevada. Nel primo caso gli incendi sono stati in larga parte domanti, mentre nel secondo caso sono ancora attivi e molti di essi sono contenuti solo al 10 o 20%. Tra i quattro incendi più grandi, due (il secondo e il terzo più grandi, rispettivamente SCU e LNU Lightning Complex) sono stati domati al 98%. Questi due incendi hanno bruciato vaste porzioni della Coastal Range a nord-est e a sud-est della Baia di San Francisco. Il primo e il quarto più grandi invece, situati più a Nord e in aree meno popolate, sono stati spenti solo al 30 e al 41%. Il più grande in particolare (August Complex)  sta bruciando vaste porzioni della Foresta Nazionale di Mendocino ( Mendocino National Forest). Il problema per questo incendio, oltre alle dimensioni immense è la natura estremamente remota e dirupata del territorio attraversato. La situazione appare però ancora più critica nella Sierra Nevada Meridionale. Il Creek Fire (situato in parte anche nella Sierra National Forest) è contenuto solo al 20%, il Sequoia Complex (che interessa parte del Sequoia National Park) è contenuto solo al 12%. Fortunatamente questi due incendi non hanno interessato due perle della natura di incredibile bellezza: la Valle di Yosemite e la Giant Forest (la foresta dei giganti), luogo dove crescono le sequoie più grandi sulla faccia della terra.

Yosemite filled with smoke from massive Creek Fire burning in Sierra -  SFGate
Immagine risalente al 18 settembre. La parete di El Capitan, nel Parco Nazionale di Yosemite emerge dal fumo. Fortunatamente nessun incendio sta interessando il parco, che è stato però chiuso a causa del fumo proveniente dal vicino Creek Fire, fumo che ha invaso la vallate di Yosemite.

Il problema della qualità dell’aria

Gli incendi che ormai da oltre un mese stanno devastando lo stato hanno causato un massiccio rilascio di fumo che ha fatto schizzare alle stelle i livelli di inquinamento da PM10 e PM 2.5 in tutta la California e oltre. Parte del fumo è rimasta intrappolata nei bassi strati, causando un fortissimo inquinamento, specialmente nella Central Valley e nell’area di Los Angeles, zone a scarsa ventilazione, soggette all’accumulo degli inquinanti. Parte del fumo è invece finita ad alta quota e da lì è stata trasportata anche molto lontano dai venti. Fino al 5-6 settembre il fumo è rimasto prevalentemente intrappolato nelle zone basse mentre a partire dai quei giorni in avanti la rotazione dei venti a ovest a portato al trasporto del fumo sul Canada Meridionale e sull’intero Interior West. Parte del fumo ha viaggiato addirittura fino a New York e Boston, provocando cieli lattiginosi e tramonti infuocati.

Smoke Cloud over the West Coast of the USA | Copernicus
Immagine satellitare del satellite europeo Copernicus mostra il fumo degli incendi in atto sulla California espandersi sopra lo stato. Da notare il fumo intrappolato nella Central Valley ( aree di Sacramento, Modesto, Merced, Fresno).

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Il Medicane Ianos

Il giorno venerdì 18 agosto una forte tempesta mediterranea, ribattezzata “Ianos” dal servizio meteorologico greco, ha colpito duramente la porzione occidentale del paese ellenico. La tempesta è stata anche chiamata “Udine” dall’Istituto Meteorologico dell’Università di Berlino (nome questo ritenuto ufficiale). In Italia il sistema è stato denominato Cassilda.  Ianos non è stato una normale tempesta mediterranea, bensì un cosidetto “medicane”, parola composta costituita dall’unione di “mediterrenean” e “hurricane”( uragano mediterraneo).

L'uragano Mediterraneo Ianos verso la Grecia: colpirà l'Italia? -  glbnews.com
Immagine tratta dal sito www.windy.com. Nell’immagine i colori più vivaci indicano velocità del vento maggiori. Si nota il vortice ciclonico del Medicane Ianos.

L’impatto della tempesta

L’impatto della tempesta è avvenuto nella porzione occidentale della Grecia, lungo la costa occidentale del Peloponneso. Particolarmente colpite le Isole Ionie di Zante e Zacinto, così come il Golfo di Patrasso, aree che si sono ritrovate nel cuore del ciclone. Le raffiche massime di vento hanno raggiunto i 150 km/h, equivalenti a quelle di un uragano di categoria 1 (il più debole). Dopo aver colpito l’area la tempesta si è indebolita rapidamente al contatto con la terraferma e ha perso il suo cuore caldo. Il sistema, fortemente indebolito e con raffiche massime sui 70 km/h si è poi spostato sul mare in direzione sud, poco al largo della costa occidentale del Peloponneso (porzione meridionale della Grecia continentale).

L'uragano Mediterraneo Ianos verso la Grecia: colpirà l'Italia? -  glbnews.com
Immagine satellitare di Ianos mentre si intensifica sullo Ionio. Sul lato sinistro dell’immagine si notano dei temporali ( celle bianche) sul Tirreno Meridionale, generate dal passaggio del sistema.

I danni

I danni da vento e da mareggiata si sono concentrati nelle isole Ionie e nella zona di Patrasso. In questa zona le onde si sono infrante sulla costa con altezze di circa otto metri e hanno causato l’erosione delle spiagge e lo spiaggiamento di diverse imbarcazioni. Ingenti i danni alla rete elettrica. I danni più gravi sull’insieme del paese sono state però le piogge torrenziali, che hanno colpito soprattutto l’area di primo impatto e la Grecia Centrale (Tessaglia), dove sono morte due persone a causa delle alluvionali.

Medicane Storm Ianos lashes western Greece
La mareggiata che ha colpito le Isole Ionie, al largo della costa occidentale della Grecia.

La storia di Ianos: come si è formato?

La creazione di Ianos si deve ad una complicata interazione tra correnti atlantiche più fredde e le acque calde del Mediterraneo, iniziata due settimane e oltre prima della tempesta. Tutto è incominciato negli ultimissimi giorni di agosto, quando una vasta depressione atlantica si è portata su tutta l’Europa Occidentale, sfondando sul Mediterraneo Occidentale. In seguito al passaggio di questa depressione si è creata un’area di bassa pressione piuttosto blanda sulle Isole Baleari, area di bassa pressione che si è poi lentamente spostata verso est in direzione della Sardegna (che ha visto forti temporali tra l’8 e il 9 settembre). Tale depressione si è poi spostata verso sud, lambendo la Sicilia e spostandosi poi verso est sul Canale di Sicilia in direzione delle coste libiche. Il 14 agosto i resti della depressione si sono riorganizzati sul Golfo della Sirte, con la creazione di una nuova area di bassa pressione che si è mossa verso nord-est. Transitando sulle acque del Mar Ionio la depressione ciclonica è letteralmente esplosa, continuando poi a rinforzarsi prima di impattare la Grecia e diventando un probabile Medicane il 16 settembre, quando è transitata a sud-est dell’Italia Meridionale, che è stata solo sfiorata dal sistema. Piogge moderatamente abbondanti e mareggiate hanno raggiunto le coste della Calabria Ionica. 35 mm di pioggia sono caduti a Reggio Calabria.

Two dead, three missing as Medicane Ianos floods central Greece
Inondazioni sul territorio della Grecia Centrale

Il ruolo della temperatura marina

La creazione della tempesta medicane Ianos è stata resa possibile da temperature marine molto calde presenti nella zona: sul Golfo della Sirte al momento della sua creazione la temperatura del mare oscillava tra i 27 e i 28 gradi. Sullo Ionio la tempesta ha trovato le condizioni ideali per lo sviluppo: pur incontrando temperature leggermente inferiori (intorno ai 26 gradi, comunque molto calde) ha potuto beneficiare di un mare estremamente profondo (il più profondo braccio di Mare del Mediterraneo in effetti), con una disponibilità energetica estremamente elevata. L’elevata temperatura marina ha reso il sistema più distruttivo.

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I Medicane

Per Medicane si intende una perturbazione/depressione mediterranea ciclonica particolarmente intensa ( tempesta extra-tropicale), che presenta un minimo di pressione basso e che ha una caratteristica assai peculiare, ovvero la presenza di un “warm core“, ovvero un cuore caldo. Questo significa che l’area del centro del ciclone presenta temperature più alte rispetto alle zone limitrofe. Nelle tempeste extra-tropicali ( come le tempeste atlantiche che colpiscono il Nord Europa nella stagione invernale) e in generale in tutte le perturbazioni di solito il centro della depressione ha temperature più fredde rispetto alle zone limitrofe. Il “warm core” è una caratteristica esclusiva delle tempeste tropicali ( cicloni, tifoni, uragani) ed è questo particolare che rende i medicanes simili agli uragani.

Il "Medicane Zorbas" prende vita al largo delle coste siciliane, ma niente  allarme - Ialmo
Immagine della formazione del Medicane Zorbas nel Canale di Sicilia, tra Sicilia e Tunisia. Fine settembre 2018

Ma i medicane sono uragani?

Assolutamente no. Un uragano è una depressione che si forma esclusivamente sulle acque tropicali. Le depressioni/perturbazioni tropicali possono essere di tre tipi: 1) depressione tropicale: i venti sostenuti sono inferiori a 62 km/h 2) tempesta tropicale: i venti sostenuti sono superiori a 62 km/h 3) uragano: i venti sostenuti sono superiori ai 119 km/h. L’unica somiglianza tra un uragano e un medicane è infatti la presenza del “warm core”. Per il resto si tratta di eventi molto diversi. Un uragano ha infatti una larghezza che può raggiungere anche il migliaio di chilometri ( il tifone Tip nel 1979 aveva una larghezza di circa 2200 chilometri), un medicane ha generalmente una larghezza di qualche centinaio di chilometri. Un uragano ha raffiche massime di vento che possono raggiungere e superare i 300 km/h, un medicane ha generalmente raffiche massime sui 120 km/h. Un uragano si forma in pieno oceano e può viaggiare per migliaia di chilometri, un medicane si forma in un mare chiuso e relativamente piccolo come il Mediterraneo e viaggia generalmente per qualche centinaio di chilometri.

Immagini da satellite dell'Uragano Harvey - YouReporter
Immagine satellitare dell’Uragano Harvey, che ha colpito le coste del Golfo del Messico nell’agosto 2017


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Clima del Giappone

L’Arcipelago giapponese è formato da un gran numero di isole, dalle più piccole alle più grandi. Il sistema principale è composto però da quattro isole: Hokkaido (la più a nord), Honshu (l’isola più grande, che ospita le maggiori aree urbane), Kyushu (l’isola meridionale) e Shikoku (l’isola più piccola tra le quattro). Gran parte della popolazione vive nella megalopoli che si sviluppa sul lato pacifico dell’isola di Honshu, tra Tokyo a Nord fino a Kitakyushu e al mare Interno, passando per Nagoya e Osaka. Quest’area si trova ad una latitudine piuttosto meridionale, compresa tra i 35, 5 gradi Nord e i 33, 5 Gradi Nord. Le isole principali del Giappone si estendono per una distanza molto rilevante: 1700 chilometri separano infatti i punti più distanti.

Sindaci giapponesi a lezione di turismo alle Eolie… | Guida Sicilia
Immagine satellitare dell’Arcipelago Giapponese. L’immagine è stata scattata sulla fine dell’inverno. Si nota la differenza tra il verde rigoglioso delle parti meridionali ( indice di caldo e umidità) e il marrone delle aree settentrionali e della Penisola Coreana ( sintomo di condizioni fredde e secche).

Il clima di Hokkaido

In generale il Giappone è un paese piovoso, in cui l’umidità relativa è elevata. Questo favorisce una vegetazione rigogliosa, specialmente a sud e nelle zone montuose. L’isola di Hokkaido, nonostante sia posta alla latitudine di Milano, vede inverni molto freddi, a causa delle correnti di origine siberiana che la raggiungono. La temperatura media invernale sull’isola varia dai -12 ai -4, con minime che possono raggiungere i -20. La parte settentrionale dell’isola è rivestita da una fitta foresta di conifere (appartenente già al bioma della taiga). L’estate è mite e vede temperature medie sui 17-22 gradi. A differenza del resto dell’arcipelago, l’estate non vede il picco delle precipitazioni. Alcune giornate estive possono essere molto calde, a causa del clima continentale. Di notte la temperatura però cala velocemente e il clima si mantiene secco.

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Treno percorre una linea nei pressi della città di Sapporo, la più grande di Hokkaido.

Il Clima del settentrione di Honshu

La regione settentrionale dell’isola di Honshu (il Tohoku) vede temperature medie annue sui 12 gradi. D’inverno le temperature medie si attestano sui 3 gradi, mentre nel mese più caldo (agosto) sono dell’ordine dei 23-24 gradi. Il versante centrale di Honshu sul Mar del Giappone (detto Hokuriku) ha un clima molto particolare: in inverno, infatti, i venti freddi provenienti dalla Siberia oltrepassano il Mar del Giappone, caricandosi di umidità e scaricando ingenti quantità di neve sulla regione. Diverse città costiere vedono oltre 3 m di neve all’anno, sparsi però su un periodo di quattro mesi. Nelle zone montuose retrostanti le nevicate sono tra le più abbondanti del mondo. Tipico di questa regione avere diversi giorni invernali coperti con nevischio, con periodi che possono durare settimane. Le piogge sono abbondanti e distribuite in tutte le stagioni. Le estati sono calde a causa della continentalità, ma comunque non umide. Nella regione di Tokyo (la regione del Kanto), le temperature medie si aggirano sui 14 gradi. In inverno le medie sono sui 5 gradi mentre in estate sui 25-26 gradi. L’estate è calda, con umidità elevata. Nel mese di agosto le minime frequentemente stanno sopra i 23 gradi. In pieno inverno le minime scendono vicino allo zero nei pressi del mare e sotto nell’entroterra.

Tohoku - GaijinPot Travel
Paesaggio autunnale nel montagnoso interno della regione di Tohoku.

Il clima dell’Honshu meridionale e di Kyushu

Proseguendo verso sud lungo la costa pacifica nella regione del Kansai ( Osaka) il clima tende a diventare più caldo. La temperatura media annua sale a 16-17 gradi. In agosto la temperatura massima media raggiunge i 33 gradi. Le minime in questo mese si mantengono sopra i 24-25 gradi. Le condizioni di afa possono essere pesanti. L’inverno è molto più freddo, con temperature massime intorno ai 10 gradi. Le precipitazioni hanno un picco in estate e un minimo in inverno. Nell’isola di Kyushu le condizioni estive sono simili a quella della regione del Kansai, però gli inverni sono decisamente più miti. La temperatura media annuale, nella porzione sud-orientale, raggiunge i 19 gradi. Le precipitazioni sono abbondanti, con un picco molto marcato nei mesi di giugno e luglio.

Kyushu | Fukuoka, Nagasaki, Kagoshima, Beppu | Viaggi in Giappone | JNTO
Spiaggia sull’isola di Kyushu, la più meridionale tra le principali dell’arcipelago giapponese. Tipici di quest’isola anche i numerosi vulcani.

Il clima delle aree centrali di Honshu

L’area più interna dell’isola di Honshu (definita come Central Highlands) ha il clima più continentale del Giappone: le temperature invernali sono rigide, con minime di -5 gradi e massime di 3-4 gradi nelle maggiori città. Le estati tendono ad essere calde nelle valli e fresche sulle montagne. Queste zone tendono ad essere tra le più soleggiate del paese, a causa della distanza dal mare. La città di Okuto (prefettura di Yamanashi) ha una media annuale di 2500 ore di sole, il massimo in Giappone. Nella maggior parte del paese le ore di sole oscillano intorno alle 2000.

File:Mount Hotaka from Mount Kurai.jpg - Wikimedia Commons
Vista da lontano del Monte Hotaka. Questa montagna fa parte del gruppo delle cosidette Alpi Giapponesi. Con la sua altezza di 3190 metri è la cima più alta del Giappone dopo il Monte Fuji.

Caldo Record nei deserti del Medio Oriente

Un inizio di settembre rovente

Nei primi giorni di settembre diverse regioni desertiche dell’emisfero settentrionale hanno vissuto temperature da primato, non così eccezionali in queste aree ma sicuramente assai più tipiche dei picchi di calore più intensi nel bel mezzo della stagione estiva. Particolarmente colpite in particolare due aree: il Medio Oriente e il Deserto Occidentale degli USA.

Il deserto del Sahara cresce, anche per colpa dei cambiamenti climatici -  LifeGate
il Deserto del Sahara è la più grande area desertica del mondo

La situazione sinottica

In questo inizio di settembre le temperature massime nell’intero deserto del Sahara risultano abbondantemente superiori ai trentacinque gradi, come accade di solito in questa regione. La porzione orientale è stata però nella prima settimana di settembre decisamente più calda di quella occidentale. Questo si deve imponentemente depressione atlantica che si è formata negli ultimi giorni di agosto sull’Europa Occidentale: essa ha fatto infatti affluire correnti occidentali fin nel cuore del Sahara Occidentale, smorzando la calura. In questa zona, infatti, prima della depressione le temperature erano superiori ai quaranta gradi e il promontorio anticiclonico si estendeva in direzione del nostro paese, portando temperature molto calde specie al Sud. Nei primi giorni di settembre il fulcro dell’anticiclone (e del caldo) si è spostato verso est, interessando il Sahara Orientale e il Medio Oriente. L’ondata di calore si è spostata verso est interessando la Grecia (che ha visto giorni roventi) così come gran parte dell’Europa Orientale (fino a 33 gradi registrati sulle steppe del Don). Temperature fino a quaranta gradi ed oltre si sono registrate sull’Anatolia ( Turchia). Record di temperatura battuti a Cipro, in Turchia e in tutto il Medio Oriente.

Gerusalemme, città per tutti i popoli - Vatican News
Immagine di Gerusalemme. Giovedì 3 settembre la città santa ha rilevato una temperatura di 42 gradi. Si tratta della temperatura più alta mai registrata.

Caldo da primato in Mesopotamia

Situazione incredibilmente calda nella Pianura dei fiumi Tigri ed Eufrate (la cosiddetta Mesopotamia di storica memoria), che sta vivendo temperature da primato ed è proprio al centro della bolla di calore. Tra Iraq, Siria e Giordania le temperature di inizio settembre sono state roventi a dir poco: ad Aleppo ( Siria) la temperatura ha raggiunto i 43 gradi, così come a Mosul. Nel Basso Bacino dei due fiumi (Basso Iraq, regione conosciuta storicamente per il suo clima torrido) le temperature sono state ancora più estreme: Bagdad è arrivata oggi a 45 gradi, Bassora a 47 gradi. Temperature massime sui quaranta gradi si sono avute anche su tutta la Penisola Arabica (40 gradi a Riyad). Sulla costa del Golfo Persico le temperature sono più basse, ma l’umidità è eccezionale e gli indici di calore sono da capogiro. Questo è dovuto all’incredibile calura accumulata dalle acque del Golfo Persico. La temperatura dell’acqua è di circa 33 gradi su tutta la superficie del Golfo.

Perché non mi è piaciuto visitare Dubai • Pasta Pizza Scones
Dubai si trova sulle coste del Golfo Persico, uno dei mari più caldi del mondo. Attualmente la temperatura dell’acqua raggiunge i 33 gradi centigradi. Le zone vicine al mare vedono temperature estremamente afose mentre procedendo verso l’interno il clima si fa via via più secco.

Il tempo nella seconda settimana di settembre

Sul Sahara Occidentale le temperature sono risalite di tre-quattro gradi rispetto alla prima settimana, con temperature sopra i quaranta gradi che sono ritornate a farsi vedere. Il picco di caldo si è spostato dal Sahara Orientale ( dove Luxor ha raggiunto una temperatura massima di 45 gradi il 5 settembre) al Sahara Occidentale ( in particolar modo la porzione algerina). Negli ultimi giorni ( 12-13-14 settembre) le temperature sono roventi sul Sahara Algerino, con temperature che hanno raggiunto i 45 gradi a Reggane e i 44 ad Adrar.

Area depressionaria sul Mediterraneo

Non tutto il mondo arabo è però alle prese con un clima rovente e secchissimo. La Tunisia e il Tell Algerino ( la porzione di territorio vicina al Mediterraneo) sono alle prese negli ultimi giorni con un’area depressionaria che, inizialmente formatasi sulle Baleari, si è poi spostata sulla Sardegna e infine sul Canale di Sicilia. In ragione di essa temporali sparsi hanno colpito la porzione più settentrionale del territorio Magrebino. Le temperature si sono mantenute qui generalmente sotto i trenta gradi, anche se i tassi di umidità sono stati notevoli.

Welcome to the Maghreb — The Djurdjura (جبال جرجرة‎‎) is a mountain range...
Immagine della regione del Tell ( o Atlante Algerino). Questa zona prossima alle coste del Mediterraneo gode del clima più piovoso di tutto il mondo arabo. Tale abbondanza di precipitazioni si deve alle perturbazioni di origine mediterranea.

#caldorecord #mediooriente #caldorecordinmediooriente

Pazzo clima di inizio settembre negli Usa

Ondata di caldo record nel Sud-Ovest

Tra le giornate di sabato 5 settembre, domenica 6 settembre e lunedì 7 settembre, festa nazionale del Labor Day, gli Stati Uniti Occidentali sono stati interessati da una forte ondata di caldo. Tale ondata è continuata anche nei giorni successivi, seppur con intensità minore. Le temperature più estreme si sono raggiunte nelle giornate di domenica e lunedì (6 e 7 settembre). Il picco di calore si è registrato nella regione della foce del Fiume Colorado, nel cosiddetto “Desierto de Altar”, territorio a bassa elevazione tra Stati Uniti e Messico, una delle zone più calde, secche e soleggiate a livello mondiale. Questa zona ospita la città di Yuma, Arizona, il luogo più soleggiato di cui si abbiano dati attendibili: in questa località il sole splende per circa 4100 ore all’anno. Temperature massime tra i 47 e i 48 gradi sono state registrate nel Desierto de Altar, con picchi che hanno raggiunto i 49 gradi nella città di Mexicali.

Sonora, el Gran Desierto de Altar - El Sudcaliforniano
Un’immagine del caldissimo ( e incredibilmente arido) Desierto de Altar

Le temperature

Temperature caldissime lungo tutta la valle del Fiume Colorado, dalla foce fino a Las Vegas (fino a 45 gradi a Lake Havasu City, 44 gradi a Las Vegas, 43 gradi a Saint George, Utah). Temperature ancora più calde nella Imperial Valley, con 48 gradi. Le temperature si sono però maggiormente discostate dalle medie nella Central Valley della California e in generale in tutta la porzione centro-settentrionale dello stato. Nel centro di Los Angeles le temperature hanno raggiunto i 45 gradi, così come Fresno e Sacramento ( a fronte di massime del periodo che dovrebbero essere sui 32 gradi). Le zone del Desierto de Altar, della Imperial Valley e della Bassa valle del fiume Colorado sono già estremamente calde in estate (42 gradi di massima media tra luglio e agosto, 38 gradi a settembre) e hanno avuto scostamenti minori, ma comunque imponenti ( 10 gradi oltre le medie). I 45 gradi hanno fatto la loro comparsa in luoghi insoliti, come a Redding, nel Nord della California. Temperature molto elevate hanno interessato però tutti gli Usa Occidentali (32 gradi a Spokane, Washington; addirittura 37 gradi a Boise, Idaho; 37 gradi anche a Denver, Colorado). Phoenix ha raggiunto anch’essa i 45 gradi.

California Central Valley - Wikipedia
I campi geometrici della Central Valley, in California. Si tratta di una delle maggiori zone agricole del pianeta. le temperature qui a settembre 2020 hanno raggiunto i 45 gradi, i precedenti record per settembre erano di 44 gradi circa.

Caldo record… e freddo record!

Questa ondata di calore è del tutto eccezionale per settembre e diversi record di temperatura massima per il mese sono stati battuti. Come se questo non fosse sufficiente, subito dopo il picco dell’ondata di calore un altro evento meteo di intensità inusuale ha colpito gli Usa occidentali ( questa volte però le High Plains): una forte ondata di freddo si è infatti spostata dal Canada in direzione delle Grandi Pianure Americane (le Great Plains). Tale ondata ha interessato gran parte degli Usa Centrali, con temperature in picchiata che sono scese di parecchio sotto le medie del periodo ( scostamenti negativi dell’ordine dei 10- 15 gradi). Dato che molte di queste aree arrivavano da temperature record, lo sbalzo termico negativo è stato imponente, fino a 30 gradi in alcuni luoghi!. Temperature caldissime, secche e fortemente sopra media hanno interessato in questo inizio settembre tutto il West. Caldissimo per la stagione su Montana Meridionale, Wyoming e Colorado orientali, Nebraska e South Dakota occidentali. Qui le temperature hanno raggiunto i 37-38 gradi (come a Billings, Montana e Rapid City, South Dakota). Si tratta di temperature massime di 12-13 gradi sopra la media. Nella giornata di lunedì 7 settembre il fronte freddo in discesa dal Canada è dilagato sulle pianure settentrionali, portando pioggia e temperature massime sui 10-12 gradi. Sul Colorado Orientale le temperature sono rimaste assai calde anche lunedì 7, con massima di trenta gradi a Denver e 34 gradi a Pueblo (dove si è avuto un effetto föhn). Martedì 8 però la situazione è cambiata drasticamente : il fronte freddo è dilagato verso sud e le zone più vicine alle Montagne Rocciose hanno visto le temperature più fredde, a causa della quota. Per le minime successive sono state invece le conche di Wyoming e Colorado a vedere le temperature più rigide.

High Plains of Southeastern Wyoming, about 3 miles north of Wyoming -  Colorado border | Mapio.net
Immagine delle High Plains del Wyoming. Questo stato è composto da montagne e da altipiani. Vasto come l’Italia, ospita una popolazione di neanche 600.000 abitanti

Cosa è successo a Rawlins, Wyoming

A tal riguardo risulta interessantissimo e incredibile seguire le previsioni per la città di Rawlins (Wyoming): Lunedì 7 (giorno del Labor Day) la massima è stata di 24 gradi. Nel corso della sera è entrato il fronte freddo, con una furia spaventosa. La temperatura è crollata da 23 gradi alle ore 17:00 locali a 7 gradi alle ore 20:00 locali. Contemporaneamente il cielo si è coperto e tre le 11 e mezzanotte la pioggia si è trasformata in pioggia mista a neve. Dopo mezzanotte è avvenuto il passaggio a neve, con una temperatura di 0 gradi. La temperatura è continuata a scendere ancora durante la notte e il mattino, tanto che all’alba si sono registrati -3 gradi con rovesci nevosi. La temperatura è risalita leggermente durante il giorno, con una massima che si è mantenuta comunque sugli 0 gradi. Il cielo si è rasserenato nel pomeriggio. La sera e la notte sono state serene e la temperatura è caduta a piombo. Il mattino di mercoledì 9 settembre la minima ha raggiunto i –11 gradi, durante il giorno, con sole pieno, la massima è stata di soli 9 gradi. Dopo il 10 settembre le temperature sono però risalite sui 23-24 gradi. Negli ultimi giorni le massime sono risalite fino a 26-27 gradi.

Rawlins, Wyoming - Wikipedia
Immagine del centro abitato di Rawlins. Questa cittadina è situata a circa 2100 metri sul livello del mare.

Tra caldo e sbalzi termici mostruosi

. Mentre il gelo ha fatto la sua comparsa sulle zone ad alta quota presso le Montagne Rocciose, giornate ancora roventi hanno interessato la California e un po’ tutta l’area pacifica: mercoledì 9 settembre sono calate di parecchi gradi, ma si sono mantenute ancora superiori ai trentacinque gradi sulla Central Valley (37 a Fresno). Un vero tracollo termico ha interessato invece gli aridi bacini interni del Nevada e dello Utah. Nella città di Las Vegas, le temperature massime sono passate dai 45 gradi di domenica 6 settembre ai 32 gradi di mercoledì 9 (ben 12 gradi in meno), in un contesto peraltro sempre soleggiato. Altra curiosità: a Las Vegas non piove da ben 147 giorni consecutivi (il record storico è di 150 giorni nel 1959).

LAS VEGAS, oltre la Strip! | news
A Las Vegas la temperatura crollerà di ben 12 gradi. Ma si manterrà sopra i trenta gradi.

Neve: è caduta?

La neve ha fatto la sua prima comparsa in grande stile tra martedì 8 e mercoledì 9 settembre. Per i nostri standard si tratta ovviamente di date inconcepibili per la caduta della neve. Ricordiamo però che molte delle aree che ne sono state interessate, pur essendo pianeggianti, sono in realtà altopiani, con altezze sempre superiori ai 1000 metri di quota (ad esempio Denver è a ben 1500 metri sul livello del mare). Detto questo la neve è caduta sul 90% del Colorado e del Wyoming (i due stati più colpiti), sulla porzione settentrionale del New Mexico, su quella orientale dello Utah e sull’estrema porzione occidentale del Nebraska (l’area alla quota minore che vedrà la neve). Fino a 55 cm di neve sono caduti sulle montagne del Colorado sud-occidentale (San Juan Mountains), l’accumulo maggiore. In città come Denver, Cheyenne e Pueblo sono caduti sui 10-15 di neve fresca.

Colorado Snowpack | Satellite Liaison Blog
Immagine satellitare del Colorado presa in data 16 marzo 2019. Si nota la copertura nevosa estesa sulle regioni montuose. Si nota come la zona e est della città di Denver sia coperta da un leggero strato di neve. I colori marroni ci dicono che le temperature sono ancora troppo fredde per la crescita dell’erba.

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Alta Via delle Dolomiti numero 1

Le Alte Vie delle Dolomiti

Le Alte Vie delle Dolomiti sono un gruppo di dieci percorsi che si sviluppano nella regione dolomitica. Con diversi gradi di difficoltà, esse offrono un’ampia gamma di camminate, adatte sia agli esperti escursionisti che ai principianti. Queste Alte Vie attraversano in lungo e in largo i Monti Pallidi, da Nord a Sud e da Est a Ovest, fino ad arrivare al Lago di Garda. Questi percorsi sono:

Il Sassolungo e il Sassopiatto in Alto Adige
Il Gruppo dolomitico del Sassolungo visto dalla Val Gardena ( Alto Adige)

Alta Via delle Dolomiti 1 “la Classica”: dal lago di Braies a Belluno. 150 km complessivi. 13 giorni. Facile, a parte una breve ferrata.

Alta Via delle Dolomiti 2Via delle Leggende”: da Bressanone a Feltre, 185 km, 15 giorni. Passaggi su roccia molto difficili e attraversamento ghiacciaio (Marmolada).

Alta Via delle Dolomiti 3 “Alta Via dei Camosci”: da Dobbiaco a Longarone, 120 km, 10 giorni. Tappe lunghe con vie ferrate e passaggi in roccia difficoltà II

Alta Via delle Dolomiti 4, “Alta Via Grohmann”: da San Candido a Pieve di Cadore, 90 km, 8 giorni. Vie ferrate e passaggi in roccia difficoltà II.

San Candido: cosa vedere in un week end - Fidelity Viaggi
La cittadina di San Candido, in Alta Pusteria

Alta Via delle Dolomiti 5, “Alta Via di Tiziano”: Da Sesto a Pieve di Cadore. 100 km, 10 giorni, vie ferrate e punti di difficoltà II, in parte pernottamento in bivacco.

Alta Via delle Dolomiti 6, “Alta Via dei Silenzi”: da Sappada a Vittorio Veneto, 190 km, 14 giorni, vie ferrate e punti di difficoltà II-III, tappe lunghe e isolate, in parte pernottamento in bivacco.

Alta Via delle Dolomiti 7, “sulle orme di Lothar Pateras”: da Pieve d’Alpago a Segusino. 110 km, 11 giorni, via ferrata e punti di difficoltà II, tappe lunghe e impegnative, pernottamento in bivacco.

Alta Via delle Dolomiti 8, “Via dei Panorami”: da Bressanone a Salorno. 160 km, 13 giorni, 1 via ferrata.

Chiusa di Salorno - Wikipedia
La Chiusa di Salorno. Separa il Trentino ( di lingua italiana), dall’Alto Adige ( di lingua tedesca)

Alta Via delle Dolomiti 9, “la Trasversale”: da Bolzano a Santo Stefano di Cadore, 180 km, 14 giorni, facile e con tappe brevi.

Alta Via delle Dolomiti 10, “Alta Via delle Giudicarie”: da Bolzano al Lago di Garda, 200 km, 18 giorni, 3 vie ferrate, tappe lunghe

Alta Via Numero 1

L’Alta Via delle Dolomiti numero 1 parte dal lago di Braies in Alto Adige e termina a Belluno in Veneto. È definita come “la classica” perché fu la prima delle dieci vie delle Dolomiti ad essere rilevata e descritta. Il percorso conduce l’escursionista lungo i gruppi delle Dolomiti Orientali, da Nord a Sud. Il profilo altimetrico è decisamente variato e alterna salite e discese. Il punto più basso raggiunto è 1500 metri, mentre il più alto ben 2800. Il percorso attraversa i gruppi dolomitici di Fanes, le Tofane, la Croda da Lago, il Pelmo, il Civetta e le Dolomiti Bellunesi. Alcune tappe di questa escursione presentano dislivelli in ascesa anche di 1000 metri con diverse ore di camminata (alcune tappe superano le 6 ore di camminata effettiva).

Escursione Alpe di Fanes, Fanes-Senes-Braies
L’Alpe di Fanes. Questo sistema di alpeggi, nel cuore del Parco Senes-Fanes-Braies, è raggiungibile a piedi solo dopo ore di cammino. Si tratta di un ambiente particolarmente remoto per le Dolomiti.

L’Alta Via delle Dolomiti n. 1 in breve

  • Lunghezza: 130 km ca.
  • Dislivello totale in salita: 8.000 m
  • Dislivello totale in discesa: 10.170 m
  • Durata media: 10 – 13 giorni
  • Difficoltà: medio – facile
  • Periodo ideale: da metà giugno a settembre

Le Tappe

  1. ) Dal Lago di Braies al rifugio Biella: 3,5 ore. Dal Lago di Braies si sale un dolce pendio e quindi un tratto più ripido verso il canalone detto “Buco del Giavo” fino alla forcella Croda del Becco, da dove si scende al rifugio Biella.
  2. Rifugio Biella-rifugio Fanes: 4,5-5 ore. Facile tappa su altipiani e stradine sterrate nel parco Naturale Senes-Fanes-Braies. Dal rifugio Biella si scende al rifugio Sennes e a Pederu per risalire nuovamente all’Alpe di Fanes e all’omonimo rifugio
  3. Rifugio Fanes-rifugio Lagazuoi: 5 ore. Salita al lago di Limo e agevole camminata su falsopiano attraverso il verde pianoro di Fanes Grande fino alla forcella da Lago. Si prosegue su un ripido ghiaione fino al Lago Lagazuoi (Lech de Lagaciò) per proseguire fino al rifugio Lagazuoi per la sosta.
Lago di Lagazuoi - Antelao Dolomiti Mountain Resort
Lago Lagazuoi
  1. Rifugio Lagazuoi- rifugio Cinque Torri: 5 ore. Dal rifugio Lagazuoi si scende al Passo Falzarego per continuare con una bella camminata attraverso i prati. Si sale quindi su ghiaione fino alla forcella Averau e dopo avere girato attorno alla montagna si scende al rifugio Cinque Torri.
  2. Rifugio Cinque Torri-Rifugio Croda da Lago: 3 ore. Tappa leggera e panoramica attraverso la val Boite
  3. Rifugio Croda da Lago- rifugio Passo Staulanza: 3,5 ore. Tappa con tratti attraverso dolci prati e salite su ghiaioni
Rifugio Passo Staulanza
Paesaggio presso Rifugio Staulanza
  1. )Rifugio passo Staulanza- rifugio Tissi: 4 ore, 4,5 ore. Si inizia con una leggera salita fino alla Forcella di Alleghe per continuare con una salita più impegnativa fino al rifugio Coldai. Da qui, su ghiaione, si sale alla forcella Col Negro per poi intraprendere una discesa sulla valle del Civetta
  2. Rifugio Tissi- rifugio Carestiato: 5,5-6 orela tappa inizia con una camminata lunga ma facile ai piedi del Monte Civetta e con una discesa a serpentina, fino al rifugio Vazzoler, dove si può visitare il giardino botanico. Si prosegue su falsopiano fino alle pendici della Moiazza. Si prosegue alla forcella Col dell’Orso e poi alla Forcella del Camp. Dopo un breve tratto di ghiaione si arriva al rifugio Carestiato.
  3. Rifugio Carestiato- rifugio Sommariva: 5 ore-6 ore dal rifugio Carestiato si cammina in quota fino al Passo Duran per proseguire lungo la strada del passo in direzione Sud. Si prosegue poi fino alla forcella Moschesin. Da qui si attraversa il versante nord con prati e boschi fino al rifugio Sommariva al
File:Monte Pelmo da val Fiorentina 2.JPG - Wikipedia
Il Monte Pelmo visto dalla Val Fiorentina. Il suo aspetto, visto da diverse angolazioni, è particolarmente imponente
  1. Rifugio Sommariva Pramperet-Rifugio Pian de Fontana: 3-3,5 ore. Dal rifugio Sommariva si attraversa ad est il Pra de la Vedetta per prendere il primo sentiero sulla sinistra che sale i dossi fra i mughi al pascolo del Piazedel. Si continua su tratti in salita e nevai fino alla
  2. Rifugio Pian de Fontana- Rifugio 7° Alpini: 7-8 ore. Questa tappa è abbastanza impegnativa e prevede anche una via ferrata, la ferrata “Marmol”. La via è piuttosto lunga, quindi sono pertanto necessarie una buona condizione fisica e una certa pratica all’arrampicata. Si sconsiglia a coloro che soffrono di vertigini
  3. Rifugio 7° Alpini- Belluno: 4-4,5 ore. Tappa semplice. Prima si scende velocemente e poi più dolcemente lungo il torrente Ardo.
Vacanze in Montagna a Belluno e Provincia - Eurospin Viaggi
La città di Belluno si staglia sul panorama delle Dolomiti Bellunesi. La Provincia di Belluno ospita la porzione di Dolomiti più grande di tutte.

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