Le armi nucleari nel mondo e i test nucleari

Prospettiva storica

Durante il lungo periodo che intercorre grossomodo tra il 1945 ( anno di fine della Seconda Guerra Mondiale) e il 1989 ( anno della caduta del muro di Berlino), seguito nel 1990-1991 dalla dissoluzione dell’URSS, il mondo ha vissuto il periodo della cosiddetta “Guerra Fredda”. Si tratta di un periodo di oltre quarant’anni in cui il mondo è stato letteralmente diviso in due blocchi: il blocco occidentale filo-americano, composto da Stati Uniti, Europa ed alleati, ed un blocco filo-sovietico, composto dall’Unione Sovietica, dai suoi stati satelliti nell’Europa Orientale ( il cosiddetto Comecon) e da altri paesi a regime comunista sparsi per il mondo ( Cina, Vietnam, Cuba ad esempio).

A questi due blocchi se ne aggiungeva poi un terzo, quello dei cosiddetti “paesi non allineati”, ovvero che cercavano di essere equidistanti dagli altri due blocchi. Il movimento dei paesi non allineati nasce con la Conferenza di Bandung ( isola di Giava, Indonesia) nel 1955 e aveva tra i due maggiori promotori la Yugoslavia e l’Egitto di Nasser. In questo gruppo si riconoscevano molti paesi ex-colonie, che vedevano con sospetto il nuovo imperialismo tanto degli Stati Uniti che dell’Unione Sovietica.

La guerra fredda è stata caratterizzata da un continuo scontro a distanza e un sostanziale equilibrio tra le due superpotenze planetarie, appunto USA e URSS. Questa età è stata spesso definita “età atomica”, a causa della deterrenza nucleare, vero e proprio leit-motiv di tutto questo periodo. Questi anni ( specialmente i primi decenni, si pensi alla crisi dei missili di Cuba) sono stati caratterizzati dal costante timore di una guerra nucleare e da un proliferare di armamenti e test nucleari. Anche dal punto di vista della “storia ambientale” questi anni risultano fondamentali. In particolare il 1945 e la creazione delle prime testate atomiche rappresenta un vero e proprio ” ground zero” ( e per alcuni, un punto di non-ritorno) nella storia ambientale.

Trinity (nuclear test) - Wikipedia
Immagine del Test Trinity, compiuto il 16 luglio 1945 nel deserto del New Mexico, Usa Sud-Ovest. Fu l’esito del Progetto Manhattanh, al quale collaborarono diversi eminenti scienziati europei scappati dal nazismo, tra i quali l’italiano Fermi e Robert Oppenheimer.

Storia ambientale delle armi atomiche

Da quel momento in poi infatti il boom economico del Dopoguerra porta per la prima volta nella storia umana ad avvicinare e poi superare la capacità di carico del pianeta. Gli anni del dopoguerra portano a una pressione sull’ambiente mai sperimentata fino ad allora e intere regioni, ancora quasi incontaminate fino ad allora, conoscono processi di inquinamento su di una scala fino ad allora impensabile.

Ma tornando alle armi atomiche, è indicativo che lo studioso olandese Paul Crutzen, insieme all’americano Eugene Filmore Stoermer, coniando nel 2000 il termine Antropocene ( con il quale intendono dire che l’uomo è ormai diventato una forza geologica capace di modificare permanentemente il pianeta) e fissino l’inizio di quest’era o nel 1784 ( anno dell’invenzione della macchina a vapore di James Watt) oppure nel 1945, anno del primo test nucleare. E difatti proprio Stoermer ci dice come i numerosi test nucleari del dopoguerra abbiano creato una vera e propria “traccia stratigrafica radioattiva”, che sarà misurabile ancora per centinaia di migliaia di anni.

Se infatti un sacchetto di plastica “non degradabile” ci mette tra i 10 e i 30 anni per decomporsi completamente e una bottiglia di vetro circa 1000 anni, alcune particelle radioattive prodotte riescono a perdere la propria carica radioattiva dopo molto, molto più tempo. Il plutonio-239 ha infatti un tempo di dimezzamento di 24.000 anni, mentre l’uranio-235 dimezza la propria carica radioattiva dopo… 700 milioni di anni! Di fatto quindi, se l’uomo dovesse scomparire dalla faccia della terra, è assai probabile che tra qualche decina di migliaia di anni le uniche “vestigia” della nostra esistenza sarebbero le radiazioni prodotte dal decadimento nucleare ( a tal proposito, di notevole interesse è il libro “il mondo senza di noi”, ” the world without us” , Alan Weisman, 2007).

Academy of Europe: Crutzen Paul
Paul J. Crutzen: fisico, ma anche climatologo e meteorologo olandese, coniò per la prima volta nel 2000 il termine Antropocene. E’ morto il 28 gennaio del 2021

La presenza nucleare di oggi nel mondo

Oggi nel mondo esistono due tipi di energia nucleare:

  1. Energia nucleare per usi civili, usata per produrre energia nelle centrali nucleari
  2. Ordigni nucleari di vario ordine e potenza, a scopi militari ( per fortuna mai utilizzati dopo Hiroshima e Nagasaki)

Nel primo caso dobbiamo ricordare come oggi nel mondo siano connessi alla rete elettrica 441 reattori nucleari ( una centrale ne può ospitare da uno fino a sette-otto). Gli Stati Uniti sono il primo paese in questo campo, con 93 reattori attivi, seguiti da Cina ( 56), Francia ( 51), Russia ( 38), Giappone ( 33), Corea del Sud (24). I primi tre produttori sono nell’ordine: Usa, Francia e Cina ( che però a breve sarà seconda).

Nel secondo caso è spaventoso constatare come nel mondo siano ancora presenti al 2021 circa 13.000 armi nucleari. Circa il 30% di esse sono utilizzabili immediatamente, disponibili a forze operative. A fare la parte del leone sono gli Stati Uniti e l’erede dell’URSS, la Russia, che insieme possiedono il 90% delle testate globali, eclissando qualunque altro paese. La Russia risulta il leader supremo, con 5977 testate ( contro le 5428 degli Usa). Questi ultimi però sono leggermente in vantaggio per quanto riguarda quelle disponibili al combattimento ( 1644 contro 1588).

Semipalatinsk Test Site - Wikipedia
Il sito nucleare di Semipalatinsk, nella steppa del Kazakhstan. E’ stato per decenni il principale sito sovietico per il test delle armi nucleari. Situato non lontano dal fiume Irtysh, si estendeva su una superficie vasta come il Galles.

Le altre tre grandi potenze nucleari planetarie sono la Cina, che possiede 350 testate circa. ( il numero di testate pronte al combattimento è sconosciuto); la Francia ( 290, di cui 280 pronte all’uso, la percentuale sul totale più elevata al mondo) e il Regno Unito ( 225 testate, di cui 120 pronte all’uso). Questi cinque paesi sono le cinque potenze nucleari, nonché i vincitori della Seconda Guerra Mondiale e i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ( ONU). Questi cinque paesi sono anche i firmatari del NPT ( Nuclear Non-Proliferation Treaty, Trattato di Non Proliferazione delle Armi Nucleari), entrato in effetto nel 1970. Questo trattato doveva porre un freno al proliferare degli armamenti atomici, ma la corsa agli armamenti è continuata. Basti pensare che nel 1986 è stato raggiunto il numero più alto di testate nucleari mai visto ( pari a circa 70.000 testate, sette volte il valore odierno).

Altri paesi con armi nucleari di cui sappiamo l’esistenza sono l’India con 160 testate, il Pakistan con 165 e la Corea del Nord con 20. Questi stati non anno mai firmato il trattato sulla non-proliferazione delle armi nucleari. Altri paesi sospettati di avere armi nucleari, ma che di fatto non sono mai stati scoperti, sono Israele e il Sudafrica. Negli anni passati altri paesi che possedevano testate atomiche erano la Bielorussia, l’Ucraina e il Kazakhstan ( ai tempi dell’URSS). Dopo il disgregamento di essa tutte le testate nucleari di questi paesi sono state trasferite nell’arsenale della neo-costituita Federazione Russa.

Chart: How U.S. And Russian Nuclear Arsenals Evolved | Statista
Numero di armi nucleari di Usa e Urss tra il 1950 e il 2020. Al picco della sua potenza nucleare l’Urss possedeva 40.000 testate nucleari, più di quante gli Stati Uniti ne abbiano mai avute ( picco di circa 29.000 a metà anni sessanta). Gli Stati Uniti hanno avuto però una produzione più costante e dal 1945 ad oggi hanno sfornato 70.000 testate nucleari, leggermente di più di quante ne abbiano fabbricate i sovietici ( Fonte: Statista, Federation of American Scientists)

Timeline dello sviluppo nucleare e i test

In ordine temporale il primo stato a dotarsi di un arma nucleare furono nel 1945 gli Stati Uniti, che detonarono il primo ordigno nucleare della storia alla fine del progetto Manhattan ad Alamogordo, New Mexico ( il famoso Test Trinity). Ad essi seguirono quattro anni dopo l’Unione Sovietica, che nel 1949 condusse il suo primo test a Semipalatinsk ( oggi in Kazakhstan, all’epoca Repubblica Socialista Sovietica del Kazakhstan, parte dell’URSS). Terzi arrivarono gli inglesi, che nel 1952 condussero il test Hurricane nelle isole di Montebello, al largo della costa occidentale australiana.

I francesi condussero il primo esperimento nel 1960 ( Operation Gerboise Bleu) a Reggane, nel deserto algerino. La Cina seguì nel 1964 con il test 596 a Lop Nur, nello Kinjiang e l’India nel 1974 con lo strano nome in codice di Smiling Buddha. In anni recenti il Pakistan ha effettuato il suo primo esperimento nucleare nel 1998, quando una bomba atomica venne fatta esplodere sottoterra nelle colline di Ras Koh, nella provincia sud-occidentale del Belochistan. Infine, il 9 ottobre del 2006 la Corea del Nord testò la sua prima arma atomica a Kilju, nel nord-est del paese.

In totale dal 1945 ad oggi sono stati effettuati nel mondo ben 2056 test nucleari, corrispondenti ad altrettante detonazioni; di queste 1500 circa sottoterra e 500 in libera atmosfera. Gli Usa ne hanno effettuato circa un migliaio ( 1030), la Russia 715, la Francia 210, il Regno Unito e la Cina 45, l’India 3, il Pakistan 2 e la Corea del Nord 6. Gli anni record per detonazioni sono stati il 1958 ( 116 detonazioni in giro per il mondo) e il 1962 ( 178 detonazioni, praticamente una ogni due giorni!) A partire dal 1962 il numero di test si è mantenuto costantemente elevato per tutti gli anni sessanta, settanta e per quasi tutti gli anni ottanta ( almeno fino al 1988).

In seguito la dissoluzione dell’URSS ha dato avvio ad un rapido smantellamento degli arsenali di Stati Uniti e Russia, oggi ridotti drasticamente rispetto ai loro picchi. Nel 1996 è stato poi ratificato il CTBT ( Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty) che ha di fatto bloccato gli esperimenti nucleari a livello mondiale. Gli unici paesi che hanno effettuato test nucleari dopo quella data sono di fatto il Pakistan nel 1998 e la Corea del Nord nel 2006, 2009, 2013, 2016, 2017. L’ultima esplosione nucleare è avvenuta il 3 settembre 2017 nel sito di test di Punggye, nel nord-est della Corea del Nord. Si è trattato dell’esplosione di una bomba a idrogeno.

Graph of nuclear testing
Numero di test nucleari condotti tra il 1945 e il 2018. Si noti come il periodo di massima concentrazione si sviluppi tra il 1960 e il 1988 e che Stati Uniti e Urss siano stati responsabili del 90% dei test. La Francia è oltre a questi il paese che ha di gran lunga condotto più test nucleari. Si noti come mentre gli Usa hanno avuto la massima concentrazione di test negli anni 60′, per poi calare, l’Unione Sovietica ha avuto il suo massimo invece tra metà anni settanta e metà anni ottanta ( Fonte: wikipedia.en, https://en.wikipedia.org/wiki/Nuclear_weapons_testing)

Il programma di Sharing NATO e l’Italia

Gli Stati Uniti hanno dislocato in paesi NATO 150 testate nucleari, di queste 50 in Turchia ( nella base di Incirlik, vicino ad Adana), 40 in Italia ( 20 a Ghedi-Torre, in Provincia di Brescia e 20 ad Aviano, in Provincia di Pordenone), 20 in Germania ( base di Buchel, Renania-Palatinato, tra Treviri e Coblenza), 20 in Belgio nella base di Kleine Brogel e 20 nei Paesi-Bassi nella base aerea di Volkel, entrambe nei pressi di Eindhoven.

Crisi Russia-Ucraina, si alzano gli F-16 dalla base USAF di Aviano -  TRIESTE.news
F-16 americano presso la Base di Aviano. Sullo sfondo le Alpi Friulane

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La Tempesta Eunice

Intorno alla metà di febbraio del 2022 una forte depressione di origine atlantica ha colpito diversi paesi del Nord Europa, ma in modo particolare prima l’Irlanda, poi il Galles, l’Inghilterra del Sud, le coste del Nord-Pas de Calais e della Normandia ( Francia), del Belgio, dei Paesi Bassi; così come l’estuario dell’Elba ( Germania). La tempesta è stata battezzata “Eunice” il giorno 14 febbraio dal Met Office ( Servizio Meteorologico) Britannico. Essa è stata invece chiamata “Zeynep” dalla Libera Università di Berlino e “Nora” dal Servizio Meteorologico Danese.

Situazione Generale

La tempesta si è abbattuta con particolare ferocia lungo le coste del Canale della Manica e nel Sud dell’Inghilterra, dove è stata una delle tempeste più forti dalla “Great Storm” del 1987. La raffica massima registrata è stata di 196 km/h sull’Isola di Wight ( The Needles). Il Regno Unito è stato il paese più colpito, con la depressione che ha dispensato i suoi venti più intensi nel Sud dell’Isola. Il Met Office ha diramato due allerte rosse ( pericolo di vita): la prima per l’Inghilterra del Sud-Ovest, e la seconda per l’Inghilterra di Sud-Est e Londra.

Irlanda

Il 17 febbraio la tempesta ha impattato violentemente le coste meridionali dell’Irlanda, dove le contee di Cork, Kerry, Clare e Waterford sono state messe in pericolo rosso da Met Eireann. In queste contee tutte le scuole sono state chiuse. Le raffiche di vento hanno raggiunto i 170 km/h al Faro di Fastnest e i 130 km/h nell’area portuale di Cork. Proprio la Contea di Cork è stata la più colpita del paese.

Inghilterra Sud-Occidentale

Nel Regno Unito la depressione ha dispensato i danni maggiori, colpendo con estrema forza il Sud del paese, meno abituato rispetto alla Scozia ad eventi di questo genere. Nel picco della tempesta, oltre 1,4 milioni di persone erano contemporaneamente senza corrente, probabilmente un record storico. La tempesta si è mossa da ovest, impattato violentemente il Sud del Galles e l’Estuario del Severn, così come la costa sud-occidentale dell’Inghilterra. Proprio qui, tra le contee della Cornovaglia, del Devon e del Somerset sono state registrate le raffiche più intense di tutto il tracciato della tempesta. Vi era inizialmente un pericolo molto elevato per l’aumento di marea, fortunatamente poi non realizzatosi.

Il Ponte sull’Estuario del Severn ( Severn Estuary Bridge) è stato chiuso per la prima volta, paralizzando le comunicazioni tra Inghilterra e Galles. Sempre nel Sud-Ovest del paese la tempesta ha causato il collasso della guglia della chiesa di Saint Thomas a Wells, Somerset.

Woman has lucky escape after Storm Eunice brings down tree on car - BBC News
Quel che resta della guglia della Chiesa di Saint Thomas a Wells, Somerset

Inghilterra Sud-Orientale

Spostandosi verso est la tempesta ha colpito crudelmente anche Londra e il Sud-Est del paese. Gran parte della copertura dell’Arena O2 ( situata nell’East End di Londra) è stata stracciata, mentre una delle tre ciminiere della Centrale di Graines, nell’Estuario del Tamigi, è crollata. In tutto il paese statue, gru, e persino monumenti storici sono stati gravemente danneggiati o distrutti. Il record di vento assoluto della tempesta è stato registrato sull’Isola di Wight, mentre per la terraferma britannica il record di 140 km/h spetta a Portland, Dorset.

Storm Eunice: Britain begins the big clean-up - News
Una delle tre torri della Centrale Termoelettrica dell’Isle of Graines abbattuta dal vento

Francia e Belgio

Dall’altro lato della Manica anche le coste francesi sono state colpite violentemente, con i dipartimenti del Nord, Pas-de-Calais, Somme, Seine-et-Marne e Manche posti in vigilanza arancione da parte di Meteo France. Presso il Cap-Gris-Nez si è registrata la seconda raffica più violenta della tempesta: 176 km/h. L’importante stazione di Lille-Flandres è stata chiusa dalle autorità per il collasso del tetto. Nelle Fiandre Belghe danni sono stati riportati a Ypres, Menen, Veurne, Ghent. Il servizio ad alta velocità Thalys tra Amsterdam e Bruxelles è stato completamente sospeso.

Waves crash against the breakwater during Storm Eunice in Wimereux, France
Il mare furioso si abbatte sul lungomare di Wimeraux ( Hauts de France)

Paesi Bassi

Oltre all’Inghilterra probabilmente il paese più colpito è stato i Paesi Bassi. Qui il KNMI ( Servizio Meteorologico Olandese) ha emesso un’allerta rossa per cinque province sulla fascia costiera del paese: Noord Holland, Zuid Holland, Zeeland, Flevoland e Frysland. Il 18 febbraio 4 persone sono morte nei Paesi Bassi, tutte investite da alberi caduti, tra cui una ciclista ad Amsterdam.

Fallen tree in canal
Albero abbattuto dal vento in un canale di Amsterdam

Germania

In Germania, la tempesta ha effettuato landfall all’incirca intorno a mezzogiorno del 18 febbraio, in corrispondenza dell’Estuario dell’Elba. Le zone più colpite sono state le coste del Mare del Nord. Pochi giorni prima la stessa area era stata colpita dalla tempesta Ylenia. Ad Amburgo l’onda di marea su questo fiume ha raggiunto i 3,75 metri. Una gru alta 55 metri è inoltre crollata in un cantiere di Brema. A Klettbach, in Turingia ( Germania Centrale) un mulino storico è stato demolito dalla tempesta. Nel paese teutonico i danni stimati della tempesta ammontano a circa 900 milioni di euro.

Storico mulino a vento distrutto a Klettbach ( Turingia, Germania)

Baltico e Polonia

Oltre alle coste del Mare del Nord la tempesta è poi proseguita nel Mar Baltico. Qui i danni preponderanti si sono avuti in Polonia, dove oltre 1 milione di persone contemporaneamente hanno perso la corrente elettrica. Le regioni polacche colpite sono state la Pomerania, la Masuria, la Masovia e la Wielko Polska ( Grande Polonia). Diversi grattacieli di Varsavia hanno subito estesi danni. Le raffiche più intense si sono registrate nella mattina del 19 febbraio nella città baltica di Leba ( 119 km/h). Sul Monte Sniezka, sulle alture della Slesia, il vento ha toccato i 170 km/h. I resti della tempesta sono proseguiti fino ai Paesi Baltici, portando raffiche sostenute in Lituania.

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La stagione invernale 2014-2015: cronaca di un lungo periodo perturbato

L’inverno del 2014-2015 è stato eccezionalmente perturbato su tutta l’Europa Occidentale. Tale anomalia è stata dovuta a una persistente anomalia negativa sul vicino Oceano Atlantico, che tra la metà di dicembre 2014 e l’inizio di marzo 2015 ha costantemente pilotato depressioni atlantiche verso la parte occidentale del continente europeo. Tale flusso, prevalentemente da sud-ovest, ha portato temperature eccezionalmente miti ( le gelate sono state rare in pianura) e nevicate solo oltre i 500 metri. Per comprendere l’eccezionalità dell’inverno è possibile vedere come l’Istituto di Meteorologia dell’Università di Berlino abbia nominato nella stagione ben 36 depressioni, un record assoluto. Mentre l’Europa Occidentale era alle prese con forti perturbazioni e clima mite, l’Europa Orientale era interessata da anticicloni e da risalite calde da Sud. Qui il clima è stato molto caldo, ma poco piovoso. Insomma, l’inverno è stato insolitamente mite su tutto il continente europeo.

Nel mese di febbraio 2015 il Friuli e il Trevigiano sono stati interessati dalle diffuse esondazioni dei fiumi, provenienti dalle Dolomiti Friulane, in special modo il Livenza.

Le anomalie di temperatura

In Italia, l’inverno è stato il secondo più caldo dal 1800, appena dietro la stagione invernale 2006-2007 ( con anomalia positiva di + 1,8 gradi). Le anomalie di calore più forti si sono avute su Veneto, Friuli-Venezia-Giulia e Romagna. Questo a causa sia della maggiore esposizione al flusso di scirocco, sia al vento secco da sud-ovest ( garbino) che ha interessato diffusamente la Romagna. in Pianura Padana le gelate si sono presentate in numero molto inferiore alla media, con appena 6 giorni di gelo a Torino e a Modena. Anche le temperature minime assoluto sono state assolutamente miti: a Torino non si è mai scesi sotto i -2,5 gradi e a Trieste addirittura sotto i 2,8°!

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Un esempio recente di garbino, risalente al 10 febbraio 2020. In questa occasione, mentre il versante tirrenico era interessato da piogge, il versante adriatico vedeva venti di caduta secchi, simili al “foehn” alpino. La temperatura in questa occasioni è salita fin oltre i 20 gradi.

Piogge eccezionali

Dal punto di vista delle piogge l’Italia si è ritrovata spaccata in due: mentre al Nord le precipitazioni sono state eccezionalmente sopra-media ( con alcuni casi di record assoluti), al Centro-Sud le precipitazioni sono state nella norma o al di sotto. Le piogge sono state eccezionali invece su Triveneto, Lombardia, Liguria e Alta Toscana ( da 2 a 5 volte superiori alla media!). Le precipitazioni più abbondanti hanno interessato le Alpi Apuane e le Alpi Giulie: nel primo caso a Orto di Donna ( nel comune di Minucciano, LU) 2177 mm e, nel secondo caso, a Musi ( località più piovosa d’Italia) 2500 mm. A Musi sono stati dodici i giorni che hanno accumulato più di 100 mm di pioggia.

Mondo Neve » Blog Archive » Previsioni Neve: ci aspetta un inverno gelido?
Le abbondantissime precipitazioni piovose si sono trasformate in montagne in nevicate assai fitte. Qui una foto di Macugnaga, con due metri e mezzo di neve. In oltre due mesi le pause asciutte non sono durate più di due giorni massimo.

Nevicate da record

La pioggia che ha interessato così intensamente le basse quote si è tradotta sopra i 1000 metri in un innevamento eccezionale sul versante meridionale delle Alpi, ma non nell’Appennino, dove la quota neve è sempre stata troppo alta. Il record assoluto per le Alpi italiane si è misurato al Rifugio Gilberti ( 1850 metri sulle Alpi Giulie) con 670 cm di neve al suolo il 20 febbraio 2015. Nella zona del Monte Rosa ( tra Alagna, Gressoney e Macugnaga) una nevicata eccezionale ha depositato 120 cm di neve tra il 28 febbraio e il 1 marzo. A Macugnaga lo spessore raggiunto è stato il più alto dal 1984.

Neve, record spaventosi sulle Alpi: quasi 7 metri sul Canin, la causa è il  caldo [FOTO e DATI]
L’altezza di neve maggiore si è raggiunta sul Massiccio del Monte Canin, sulle Alpi Giulie. Lo spessore ha raggiunto i 7 metri e anche di più, a causa degli accumuli da vento. Da notare alcuni piloni quasi completamente sommersi di una seggiovia.

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L’outbreak tornadico del 10-11 dicembre 2021

Nella notte tra il 10 e l’11 dicembre 2021 un forte outbreak tornadico ( insieme di tornado) ha colpito diversi stati degli Usa Centro-Meridionali. L’evento è stato particolarmente rilevante per essere accaduto a dicembre, mese poco propenso a questi eventi. L’outbreak è stato causato da una saccatura colma di aria fredda originatasi nelle Montagne Rocciose del Nord. Essa si è mossa verso sud, andando a collidere con una massa di aria insolitamente calda e umida presente sulla Valle del Mississippi. L’outbreak ha ucciso come minimo 88 persone, classificandosi come l’outbreak più mortale mai avvenuto nel mese di dicembre negli Usa. Il secondo evento per numero di morti ( il tornado di Vicksburg, Mississippi del 1953) causò allora 38 morti. Nel solo stato del Kentucky vi sono stati almeno 74 morti.

Mayfield, KY tornado destruction | PHOTOS
Immagini di Mayfield, kentucky. Il piccolo centro ha sostenuto danni definiti “catastrofici”

Durante l’outbreak sono stati confermati ad ora ( 17 dicembre) almeno 59 tornado. La maggior parte è stata per lo più di intensità debole ma vi sono stati due tornado di classe EF4 e 6 tornado di classe EF3. L’attività tornadica è cominciata nel tardo pomeriggio nella zona di Little Rock, Arkansas; essa è poi proseguita fino alle prime ore della mattina negli stati del Missouri, Illinois, Tennessee e Kentucky. L’evento più eccezionale è stato sicuramente una supercella che ha prodotto una famiglia di tornado. Essa ha prodotto una tornadogenesi quasi continua per circa 4 ore e mezza, che ha attraversato ben quattro stati. Un primo tornado di estrema durata ha toccato il suolo vicino Jonesboro, Arkansas e ha proseguito la sua corso nel Missouri, colpendo i centri di Monette, Leachville, Cartersville e Hayti. Questo tornado ha percorso una lunghezza di oltre 200 km, per poi dissiparsi sul Tennessee Occidentale.

In a Small Kentucky Town, the Candle Factory Was a Lifeline for Its Workers  - The New York Times
Fabbrica di candele ridotta ad un cumulo di rottami dopo il passaggio del tornado

Il tornado del Western Kentucky

Appena dopo la dissipazione del tornado sul Tennessee, un altro tornado di classe EF4 si è mosso attraverso il Kentucky Occidentale, causando danni catastrofici nelle cittadine di Cayce, Mayfield, Benton, Princeton, Dawson Springs e Bremen. Particolarmente impressionanti e risaltate dai media le immagini del centro di Mayfield, quasi completamente cancellato dal tornado. Qualora i due tornado fossero confermati esserne uno solo, si tratterebbe del tornado singolo più lungo della storia americana, superando il Tri-State Tornado del 1925. L’outbreak del dicembre 2021 è per ora confermato essere il più devastante della storia americana dal “Super Outbreak” del maggio 2011.

Violent tornado outbreak hits U.S. South and Midwest, leaving up to 100  people dead
Immagine notturna delle forti linee temporalesche presenti sulla Valle del Mississippi

Altri tornado particolarmente intensi hanno colpito Edwardsville, nell’Illinois; Bowling Green, Kentucky. Un tornado lungo circa 100 km ma fortunatamente di classe EF3 ha scavato inoltre un percorso di distruzione tra Kenton, Tennessee e Pembroke, Kentucky.

Death toll rising after historic tornado outbreak in America's heartland
Durante l’outbreak Il NWS ( National Weather Service) ha emesso ben 119 avvisi di tornado e 145 avvisi di temporali violenti

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Il Sud dello Utah e le sue incredibili bellezze naturali, la vicenda dei due Monumenti Nazionali e Trump

Il Sud dello Utah è un’area geografica comprendente una serie di contee:

  • Contea di Kane: ha una superficie di 10.300 chilometri quadrati. La popolazione è di 7667 abitanti e il centro più grande ( nonché capoluogo della contea) è Kanab. La densità di popolazione è di 0,72 ab/km quadrato
  • Contea di Garfield: ha una superficie di 13.400 chilometri quadrati e una popolazione di 5083. Il centro più popoloso e capoluogo è Panguitch. La densità è di 0,38 ab/km quadrato
  • Contea di San Juan: ha una superficie di 20.300 chilometri quadrati. La sede è a Monticello, mentre la città più grande è Blanding. La popolazione è di 14.518 abitanti e la densità 0,71 ab/km quadrato
  • Contea di Grand: ha una superficie di 9510 chilometri quadrati e una popolazione di 9669 abitanti. La densità è di 1 abitante per chilometro quadrato. La sede e centro più importante è Moab.
  • Contea di Emery: la superficie è di 11 560 chilometri quadrati e la popolazione 9825 unità. Le due realtà più grandi sono Huntington e Castle Dale.
  • Contea di Wayne: superficie 6370 chilometri quadrati, popolazione 2486 abitanti. Densità 0,39 ab/km quadrato. L’unico centro abitato è Loa
  • Contea di Piute: ha un’area pari a 1960 chilometri quadrati e una popolazione di 1438 abitanti. La densità è di 0,72 abitanti/chilometro quadrato. I centri maggiori sono Circleville e Junction.
The San Rafael Swell, Utah: geology
La San Rafael Swell, enorme dorsale rocciosa dalle forme più bizzarre. E’ una delle meraviglie geologiche dello Utah Meridionale

Un’area remota, a bassissima densità di popolazione

In totale l’area menzionata ha una superficie di 73.400 chilometri quadrati e una popolazione di 50. 686 abitanti. La superficie è pari a circa tre volta quella della Sardegna o della Lombardia. Detto in altre parole, questo territorio è vasto quanto tutta l’Italia Meridionale Peninsulare. In effetti le regioni di Abruzzo, Basilicata, Calabria, Molise, Campania e Puglia insieme misurano circa 73.000 chilometri quadrati. La popolazione è però decisamente diversa, visto che conta oltre 13 milioni di abitanti! Lo Utah Meridionale ha una popolazione simile a quella di Benevento, spalmata su tutta l’Italia Meridionale. La densità di popolazione è di circa 200 volte inferiore a quella italiana.

Parco nazionale di Capitol Reef - Wikipedia
Vista nel Parco Nazionale di Capitol Reef

Una terra ricca di incredibili bellezze

Questa parte dello Utah comprende diverse terre di grande bellezza. Tra di esse il Parco Nazionale di Zion, il Parco Nazionale del Bryce Canyon, il Parco Nazionali di Capitol Reef, il Parco Nazionale delle Canyonlands e il Parco Nazionale di Arches. L’area presenta anche diverse foreste nazionali, tra cui quelle di Dixie, Fishlake e Manti-La Sal. Altre aree protette sono il Grand Staircase-Escalante National Monument, il Glen Canyon National Recreation Area e il Bears Ears National Monument. Proprio questi ultimi monumenti nazionali sono stati negli anni recenti al centro di una disputa che ha interessato l’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.

Red Canyon in Utah: cosa vedere nel parco lungo la UT-12
Strada nel Red Canyon, Dixie National Forest

La vicenda dei due monumenti nazionali e di Donald Trump

Nel dicembre del 2017 l’allora presidente degli Usa, Donald Trump, ridusse per decreto presidenziale i due monumenti nazionali di Bears Ears ( creato da Barack Obama nel 2016)e di Grand-Staircase Escalante ( creato da Bill Clinton nel 1996). Quest’ultimo è un’area estremamente remota, l’ultima degli Usa Continentali ad essere mappata. Il primo fu ridotto da circa 5500 chilometri quadrati a 817, mentre il secondo da 7600 a 4062 chilometri quadrati.

Grand Staircase-Escalante and its history with the Grand Circle of Parks
L’incredibile formazione naturale nota come “The Wave” ( l’onda)

L’azione del presidente provocò molte critiche e fu anche considerata illegale. L’azione di Trump non ha precedenti nella storia americana, dato che l’ultima riduzione di un monumento nazionale americano risale al 1963, e i tagli imposti da Trump sono i più grandi mai effettuati. I monumenti nazionali sono tutelati dall’Antiquities Act, una legge promulgata dal Congresso sotto Theodore Roosevelt ( 1906). Entrambi i monumenti sono stati ristabiliti nella loro estensione originaria dal presidente Joe Biden nel 2021.

Op-Ed: Restore Utah's national monuments and make the fix permanent - Los  Angeles Times
L’area del Grand Staircase ( letteralmente “Grande Scalone”) in una vista invernale

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L’Ovest degli Stati Uniti e le sue bellezze naturalistiche

L’Ovest degli Stati Uniti ( il famoso selvaggio West) sembra sia stato disegnato dalla natura per regalare scenari e paesaggi tra i più vari, grandiosi e spettacolari che si possano trovare sulla Terra. La parte occidentale sembra si sia accaparrata gran parte delle bellezze del paese. Un fattore non secondario è la scarsa densità di popolazione dell’area. Quindici stati tra le Grandi Pianure e la Costa Pacifica mettono insieme una popolazione di circa 80 milioni di abitanti. Si tratta di una popolazione paragonabile a quella della Germania, che però ha una superficie di dieci volte inferiore. Aggiungiamo inoltre che circa metà di questa popolazione vive in California e che quasi il 90% si addensa nelle principali aree urbane. In effetti gran parte dell’area, al di fuori delle principali aree urbane, conta densità di pochi abitanti per chilometro quadrato.

L’ Intermountain West e le High Plains

Gran parte dell’Ovest Americano ha delle caratteristiche peculiari, che lo differenziano profondamente dalla parte orientale. Oltre alla scarsa densità di popolazione troviamo due fattori determinanti: altitudine e scarsità di precipitazioni.

US Elevation Map and Hillshade - GIS Geography

L’elevazione

Come si può vedere da questa mappa relativa alla quota altimetrica, gran parte dell’Ovest (ad eccezione delle pianure costiere pacifiche) si trova a quote altimetriche molto alte. In effetti gran parte della regione è una sorta di diversi altopiani e tavolati, intervallati da catene montuose ancora più alte. Un esempio è l’Altopiano del Colorado, dove si trova il famoso Grand Canyon, che ha un’elevazione media superiore a 2000 metri. Lo stesso stato del Colorado ha un’altitudine media di ben 2000 metri e il Wyoming di 1800 metri. Si tratta di valori di altitudine media molto maggiori di quelli della Svizzera. La città di Denver si trova a oltre 1800 metri di quota.

World Elevation Map | Download Scientific Diagram

Da quest’altra mappa si nota poi che l’area mette insieme una delle maggiori quantità di alte terre del Mondo, paragonandosi a elevati altopiani come quello Andino, Tibetano e dei Grandi Laghi Africani.

Un’altra caratteristica fondamentale dell’area è l’aridità:

US Precipitation Map - GIS Geography

L’aridità

Questa mappa è praticamente sovrapponibile alla precedente e mostra il quantitativo di precipitazioni. Ad eccezione della Costa Pacifica Settentrionale, che è piovosissima, gran parte dell’area è particolarmente siccitosa. Le aree più secche si trovano nel Deserto del Mohave, tra California Meridionale, Arizona e Nevada. Non a caso infatti qui si trovano anche numerosi deserti. In questa mappa si nota però come alcune aree siano colorate in verde e quindi più piovose. Queste aree sono le catene montuose. Qui, grazie alla quota e alla maggiore piovosità, crescono rigogliose foreste che a bassa quota non si trovano. Si tratta delle cosidette “islands in the sky”, rigogliose aree boscose che sorgono sulle montagne in mezzo al deserto e che sono vere e proprie isole di specie botaniche e animali.

AWL Images sal island
Le montagne di La Sal emergono innevate e boscose da un paesaggio arido dello Utah

Alcune caratteristiche climatiche delle aree interne elevate sono la bassa umidità, il sole splendente e le forti escursioni termiche, favorite dalla quota e dalla secchezza dell’atmosfera. Durante i mesi estivi le temperature possono superare ampiamente i 30 gradi, ma poi di notte calano bruscamente, a volte addirittura andando sottozero. In inverno le minime possono essere glaciali, anche se le massime difficilmente rimangono sotto-zero per via del forte sole. Un esempio paradigmatico al riguardo è la cittadina di Gunnison ( a ben 2300 metri di altitudine). A gennaio la media delle temperature minime è di -21 gradi centigradi e la minima assoluta è di ben -51 gradi!. D’estate però le massime superano i 25 gradi e a volte anche i trenta.

I diversi ambienti

Tra gli innumerevoli ambienti di questa parte di mondo troviamo di tutto: deserti, steppe, praterie, foreste di conifere, macchia mediterranea, laghi, montagne, pianure e altopiani. Senza contare i vulcani ( innumerevoli nell’arco pacifico), i canyon e persino le foreste pluviali temperate! In alcune zone poi la geologia da’ il meglio di sé, creando spettacolari formazioni geologiche dai colori strabilianti.

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Il Black Canyon of the Gunnison ( Colorado).
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Once they're gone, they're gone': the fight to save the giant sequoia |  California | The Guardian
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Le piogge eccezionali di lunedì 4 ottobre 2021 in Liguria e Piemonte

Nella giornata di lunedì 4 ottobre 2021, piogge torrenziali hanno colpito la Liguria Centrale e le limitrofe zone della Regione Piemonte. L’evento che si è sviluppato è stato assai peculiare a causa dell’estrema concentrazione delle precipitazioni, come si può vedere da questa mappa redatta dall’Arpal ( Agenzia Ambientale della Regione Liguria).

202110050200 24

Di fatto precipitazioni alluvionali hanno colpito solo una piccola porzione della regione, corrispondente al Savonese Interno e alla Val Stura ( provincia di Genova). In queste aree sono caduti diffusamente oltre 300 mm di precipitazioni. Sul resto delle regione le cumulate massime sono state però al massimo di un ottantina di mm. Nell’Imperiese praticamente non ha nemmeno piovuto in molte aree!

Acqui Terme - Il fiume Bormida in piena lunedì 4 ottobre 2021 (video) -  Settimanale LAncora
La piena del Bormida ad Acqui Terme

Evento assolutamente eccezionale: precipitazioni su un’ora

L’evento del 4 di ottobre 2021 sarà però ricordato soprattutto per gli eccezionali quantitativi pluviometrici, che hanno fatto segnare anche record assoluti per la regione Liguria. In questa giornata a Vara Superiore di Urbe ( Savona) sono caduti 178,2 mm di pioggia in un’ora ( equivalenti alla terrificante cifra di 178 litri d’acqua su metro quadrato). Si tratta del secondo valore di precipitazione oraria più alto mai registrato nella storia ligure: il primo spetta alla località di Vicomorasso, Sant’Olcese ( Genova), registrato il 4 novembre 2011 ( il giorno della terribile alluvione di Genova di quell’anno, quando il Bisagno ruppe gli argini). Da notare in quinta superiore un altro valore del 4 ottobre 2021, registrato a Montenotte Inferiore ( Entroterra Savonese, Val Bormida).

Precipitazione massima su un’ora in Liguria

 datalocalitàQuantità (mm)
104/11/2011Vicomorasso (GE)181
204/10/2021Urbe Vara Superiore (SV)178.2
325/10/2011Brugnato (SP)153.4
401/06/2007Polanesi (GE)146
504/10/2021Montenotte Inferiore (SV)145.2

Precipitazioni su tre ore

La giornata del 4 ottobre 2021 ha poi fatto segnare il record assoluto di precipitazione su tre ore sul suolo ligure. Sempre a Vara Superiore, infatti, sono caduti 378 mm di acqua in tre ore. Mai era piovuto così tanto in appena tre ore sul suolo ligure! Il secondo posto in questa classifica spetta ancora a Vicomorasso ( GE) il giorno 4 novembre 2011. Il terzo posto spetta a Brugnato ( La Spezia), in occasione dell’alluvione delle Cinque Terre del 25 ottobre 2011 ( seguita poi una settimana dopo dall’altra terribile alluvione di Genova). Al quarto posto notare ancora Montenotte Inferiore.

Precipitazione 3 ore:

 datalocalitàQuantità (mm)
104/10/2021Urbe Vara Superiore (SV)377.8
204/11/2011Vicomorasso (GE)336.6
325/10/2011Brugnato (SP)328.4
404/10/2021Montenotte Inferiore (SV)319.6
522/11/2016Fiorino (GE)269

Precipitazioni su sei ore

Per quanto riguarda le precipitazioni cumulate su sei ore il 4 ottobre è stata una giornata storica. A questa giornata spetta infatti non solo il record assoluto, misurato a Montenotte Inferiore ( ben 496 mm in sei ore!), ma anche il terzo e il quarto valore assoluto! In pratica la giornata del 4 ottobre ha piazzato oro e bronzo sul podio.

Precipitazione 6 ore:

 datalocalitàQuantità (mm)
104/10/2021Montenotte Inferiore (SV)496
225/10/2011Brugnato (SP)472
304/10/2021Rossiglione (GE)419
404/10/2021Urbe Vara Superiore (SV)415.4
504/10/2010Santuario Monte Gazzo (GE)395.6

Precipitazioni su 12 ore

Record assoluto anche per la pioggia accumulata in dodici ore: 740 mm a Rossiglione ( Genova, Valle Stura). Qui per vedere il secondo posto bisogna tornare indietro fin nel lontano 1970, quando l’8 di ottobre 717 mm caddero su Bolzaneto ( quartiere di Genova). Quel giorno ci fu la famosa alluvione di Genova cantata da De Andrè ( Dolcenera), forse l’evento alluvionale più disastroso della storia ligure.

  Precipitazione 12 ore:

 datalocalitàQuantità (mm)
104/10/2021Rossiglione (GE)740.6
208/10/1970Bolzaneto (GE)717.8
304/10/2021Montenotte Inferiore (SV)563
425/10/2011Brugnato (SP)511
504/10/2021Urbe Vara Superiore (SV)452
Notare come anche il terzo e il quinto posto spettino al 4 ottobre 2021, ancora una volta oro e bronzo!

Precipitazioni su 24 ore

Venendo alle precipitazioni giornaliere, possiamo notare come il 4 ottobre 2021 schieri il secondo e il terzo posto assoluto, rispettivamente con 883 mm a Rossiglione e 619 mm a Montenotte Inferiore. Il record assoluto spetta qui all’alluvione del 1970, quando caddero 948 mm, cifra ineguagliata ancora oggi.

Precipitazione 24 ore:

 datalocalitàQuantità (mm)
108/10/1970Bolzaneto (GE)948.4
204/10/2021Rossiglione (GE)883,8
304/10/2021Montenotte Inferiore (SV)619.6
422/11/2016Fiorino (GE)583
525/10/2011Brugnato (SP)538.8

Le precipitazioni in Piemonte

In Piemonte le precipitazioni più intense hanno avuto luogo in alcune porzioni dell’Appennino Alessandrino contigue con la Liguria. A Bric Berton ( Alessandria), poco lontano da Sassello, sono caduti 525 mm di acqua in 24 ore. A Ovada precipitazioni giornaliere di ben 316 mm.

Maltempo in Piemonte, rientrano Bormida e Tanaro, resta l'allerta rossa -  Quotidiano Piemontese
L’impressionante piena della Bormida all’idrometro di Alessandria. La piena è transitata verso le 22.

Considerazioni

L’evento in questione è assolutamente eccezionale e fuori dal comune per tutta una serie di motivi:

  • Le precipitazioni hanno avuto picchi estremi: i record per la Liguria su 3, 6 e 12 ore lo dimostrano. Mai era piovuto così tanto sulla regione in così poco tempo
  • La concentrazione degli eventi è stata incredibile ( a Genova-Centro, ad esempio, sono caduti appena 50 mm)
  • I picchi di precipitazione si sono generati in aree meno favorevoli a fenomeni di questo genere rispetto ad altre aree della regione. Come si può vedere dalle tabelle qui pubblicate, generalmente piogge così abbondanti ( causate da temporali auto-rigeneranti), sono più tipiche del Centro-Levante ( Genovese e Spezzino) e del versante marittimo dello spartiacque. In questo caso i temporali autorigeneranti hanno avuto luogo nel Centro-Ponente e sul versante padano dello spartiacque.
  • Molte delle aree colpite dai diluvi venivano da mesi estremamente secchi, con condizioni di diffusa e forte siccità. In alcune località si è arrivati al paradosso che il 4 di ottobre sia caduta la pioggia che era caduta nella restante parte dell’anno (dal 1 di gennaio al 3 ottobre)!
  • Ovada: precipitazioni 1 gennaio-3 ottobre: 379 mm; precipitazioni 4 ottobre: 322 mm
  • Tiglieto: precipitazioni 1 gennaio-3 ottobre: 582 mm, precipitazioni 4 ottobre: 505 mm

I disagi: le piene

Potrebbe essere un'immagine raffigurante corpo idrico
L’impressionante piena della Bormida a Cairo Montenotte

Nonostante le piogge torrenziali, tutto sommato i disagi sono stati contenuti. Sul versante marittimo forti piene di tutti i torrenti tra Savona e Voltri, tra cui il Letimbro ( che ha provocato molta preoccupazione a Savona) e l’Arrestra ( che è esondato a Cogoleto). Sul versante padano piene straordinarie dell’Erro, dell’Orba e del Bormida. Anche il fiume Tanaro ha superato il livello di guarda ad Alessandria.

L’Orba a Basaluzzo ha raggiunto un livello massimo di 3,8 metri, ben sopra il livello di pericolo ( 3 metri). Sempre l’Orba, a Casalcermelli ha raggiunto un picco di piena di 7,20 metri ( oltre 5,6 metri è pericolo). La Bormida ad Alessandria ha superato i 9 metri nella serata del 4, con una crescita spettacolare: alle ore 8 del 4 ottobre il livello era di appena 1,2 metri! Il Tanaro ( idrometro di Montecastello) ha brevemente superato la soglia di pericolo per poi calare. Le piene di questi fiumi sono state talmente furibonde da ripercuotersi sul fiume Po, che è salito di ben tre metri ( tenendosi comunque ben lontano dalla soglia di pericolo).

Possibile record ( non ancora validato)

Secondo le rilevazioni ( non ancora validate), il fiume Bormida avrebbe raggiunto ad Alessandria un picco di 9,41 metri. Se così fosse si tratterebbe del valore più alto mai registrato. Il record precedente risaliva ad appena due anni fa, al 22 novembre 2019.

#maltempo #4ottobre2021 #liguria #piemonte #bormida #erro #orba #record

La siccità del 2021 in Emilia Romagna

In questo articolo desidero riprendere una pubblicazione del sito meteorologico MeteoGiuliacci del 7 settembre. In questo articolo si descrive l’eccezionale siccità che ha colpito la regione Emilia-Romagna nel semestre primaverile-estivo di quest’anno. Per chi volesse leggere direttamente la pubblicazioni di MeteoGiuliacci, il link è il seguente: https://www.meteogiuliacci.it/cronaca/meteo-record-siccit%C3%A0-estiva-estrema-emilia-romagna-una-delle-pi%C3%B9-intense-della-storia.

Prato completamente bruciato dalla siccità sui colli bolognesi ( MeteoGiuliacci, ARPAE)

Un’estate estremamente avara di precipitazioni

Sulla regione Emilia-Romagna sono caduti complessivamente nel trimestre estivo tra i 35 e i 75 mm di pioggia ( nelle aree di pianura). Secondo le medie climatiche del periodo 1991-2015 la regione dovrebbe riceverne tra i 130 e i 170 mm nella porzione pianeggiante e fino a un massimo di 250 mm nelle zone montane. Il deficit idrico di questa estate è quindi molto importante e nel complesso sono caduti oltre 100 mm di acqua in meno. I quantitativi di pioggia caduti sono nel complesso paragonabili a quelli che mediamente cadono nelle zone interne di Puglia, Calabria e Sardegna, zone dal clima estivo molto più arido. Nel complesso l’estate 2021 si colloca tra le tre estati più siccitose dal 1990, insieme a quelle del 2012 e del 2017.

Come si può vedere dalla grafica sulle precipitazioni accumulate in Romagna negli ultimi vent’anni, rispetto alla media 1970-2000, si nota come l’estate del 2021 sia addirittura la seconda tra le più siccitose, subito dopo l’estate del 2012. In quell’anno le precipitazioni furono di ben il 72% inferiori alle medie. L’anno in corso ( deficit -63%) può essere paragonato quasi come una fotocopia alle estati del 2017 ( -62%) e del 2003 (-61%).

La situazione degli alberi nei viali di Bologna a fine agosto. Gli alberi, stressati da caldo e siccità iniziano a perdere le foglie ( MeteoGiuliacci, ARPAE)

Che segue una primavera secchissima

Ma il fatto veramente peculiare dell’annata 2021 è che un’estate calda e molto secca è seguita ad una primavera anch’essa fortemente deficitaria di piogge. Il periodo marzo-luglio 2021 è stato in Emilia-Romagna il più secco della storia, seguito a ruota dal 2017 e dal 2003, anni che hanno visto una dinamica climatica simile ( primavere siccitose a cui seguono estati siccitose ed estremamente calde).

Questo ciliegio ha praticamente perso tutte le foglie ( MeteoGiuliacci, ARPAE)

Caldo molto intenso ( ma non nella top 3), calura record a ferragosto

L’estate del 2021 è anche stata una delle estati più calde mai registrate. Essa non rientra però nella top 3 a causa di un finale di agosto sotto media e di qualche breve periodo fresco a luglio. A cavallo di Ferragosto la regione ha conosciuto la peggiore ondata di caldo della stagione e probabilmente la più intensa a svilupparsi in questo periodo ormai terminale dell’estate, quando le temperature tendono generalmente a calare. La temperatura ha superato i 40 gradi in sette località della regione, con un massimo di 41,1 gradi a Ponticelli di Imola. Le altre località più calde si sono concentrate sulla pedemontana romagnola, complici i venti secchi da sud-ovest ( garbino). Temperature così alte sono state anche causate dai terreni ormai completamente privi di umidità e dal colore opaco, che non disperdono il calore.

Le temperature registrate il giorno di Ferragosto ( Emilia-Romagna Meteo)

#estate #caldo #siccità #2021 #secco #emiliaromagna #meteogiuliacci

La “Fabbrica dei Veleni”di Cengio e l’inquinamento del fiume Bormida

Il Fiume Bormida

Il fiume Bormida è un corso d’acqua estremamente complesso. Essa ha ben tre rami sorgentizi: la Bormida di Millessimo, la Bormida di Mallare e la Bormida di Pallare. La Bormida di Millessimo, asta principale del sistema, nasce dal Colle di Scravaion ( Castelvecchio di Rocca Barbena), in Provincia di Savona, Liguria. Dopo oltre 90 chilometri di corso essa riceve la Bormida di Spigno, data dall’unione delle due Bormide di Mallare e Pallare. La Bormida di Mallare nasce dal Monte Alto, nelle Alpi Liguri, in Provincia di Savona; mentre la Bormida di Pallare nasce dal Monte Settepani, presso il Colle del Melogno ( anch’esso nel Savonese).

Bormida (fiume) - Wikipedia
Il fiume Bormida nel medio corso

Le due Bormide sopra menzionate si uniscono presso San Giuseppe di Cairo ( frazione di Cairo Montenotte) e successivamente entrano in territorio piemontese presso Saliceto. A Bistagno le due Bormide rimanenti si uniscono, per poi sfociare nel Tanaro ad Alessandria. In totale il corso d’acqua è lungo ben 180 chilometri e drena un bacino idrografico molto vasto ( più di 2600 chilometri quadrati).

I primi anni della fabbrica

Proprio sulle rive della Bormida di Spigno, a Cengio ( ultimo comune ligure prima del Piemonte, in quel territorio già dai caratteri tipicamente piemontesi noto come Val Bormida) sorse per moltissimo tempo ( più di cento anni) una delle fabbriche più controverse della storia italiana. Tutto nacque nel lontano 1882. Quell’anno lungo le rive della Bormida venne creato un dinamitificio ( Dinamitificio Barberi), che nel 1890 dava già lavoro a 900 operai. Nel 1906 la fabbrica divenne proprietà della Società Italiana Prodotti Esplodenti, che fornì l’esplosivo per la Guerra di Libia.

Intanto già a inizio 900′ l’inquinamento aveva reso inutilizzabili le acque del fiume e nel 1909 gli acquedotti di Saliceto ( poco a valle della fabbrica) vennero chiusi.

L'Acna di Cengio era fabbrica di armi chimiche: occorre rivedere la  bonifica" - Settimanale LAncora
I vecchin impianti come si presentavano prima della chiusura

Durante la Prima Guerra Mondiale la fabbrica lavorò a pieno regime e raggiunse il numero considerevole di 6000 occupati. Nel 1922 l’acquedotto di Cortemilia ( oltre 20 chilometri a valle) venne chiuso. Nel 1925 l’Italgas rilevò gli impianti ( che erano situati anche nel milanese, a Rho e Cesano Maderno) e poi nel nel 1931 fu il turno della Montecatini e dell’IG FARBEN. Durante la Guerra d’Abissinia l’ACNA ( questo ormai il nome dell’azienda) produsse la maggior parte dei gas chimici utilizzati in Eritrea ed Etiopia. Questo gli valse successivamente l’appellativo di “fabbrica della morte, o di fabbrica dei veleni”.

Gli anni delle proteste

Il 12 maggio 1956 la prima grande manifestazione dei valligiani contro l’inquinamento ebbe luogo a Saliceto. Le autorità arrestarono 52 manifestanti, situazione emblematica del clima di quegli anni. Nel 1969 le autorità chiusero l’acquedotti di Strevi, a valle di Acqui Terme, testimoniando che ormai le acque contaminate erano giunte oltre 60 chilometri più a valle. Nel 1976, dopo il disastro di Seveso, fu introdotta la cosidetta “Legge Merli”, che prevedeva dei limiti di qualità delle acque. I vertici della società incominciarono quindi a sversare gli inquinanti di notte, oppure a diluirli moltissimo per stare sotto i limiti di legge. Nel 1979 la fabbrica arrivò a produrre il 65% della produzione mondiale di cloruro d’alluminio.

Il 1 settembre 1987 segnò una data spartiacque. A Saliceto venne creata “l’associazione per la rinascita della Val Bormida” che negli anni successivi portò avanti una battaglia serrata contro la fabbrica. Nel novembre dello stesso anno gli abitanti della valle disertarono le urne nel referendum sul nucleare. Il 2 giugno dell’anno successivo i manifestanti valligiani bloccarono una tappa del Giro d’Italia con arrivo in zona, ottennenendo per la Val Bormida visibilità nazionale.

Ex ACNA di Cengio | EJAtlas
Una protesta degli abitanti della Val Bormida a fine anni 80′

Nel 1989 si iniziò a parlare della costruzione di un inceneritore per il recupero dei fosfati, utilizzabili anche da altre aziende. La reazione dei locali non si fece attendere e molti di essi manifestarono al Festival di Sanremo, dove personaggi come Gino Paoli, Albano e Romina perorano la loro causa. Sempre nello stesso anno, come segno di protesta, il 92% dei residenti della Val Bormida si astenne alle elezioni europee.

La Fine

Nel 1988 la Montedison ( fusione tra la Edison e la Montecatini) conferì le attività dell’ACNA alla neonata Enimont, e dopo il fallimento di quest’ultima nel 1991, alla Enichem. La Enichem però non considerò la fabbrica un buon investimento, dato gli impianti ormai obsoleti e il deficit da ben 80 miliardi di lire. Per questo spinse per la realizzazione dell’inceneritore per fosfati che nel 1992-1993 era in costruzione. Nel 1993 la costruzione dell’inceneritore venne però bloccata, a causa della mancanza della valutazione di impatto ambientale ( V.I.A). Mentre nel 1998 la Legge numero 426 inserì l’ACNA tra i siti di interesse nazionale per elevate problematiche ambientali. Nel 1999, dopo ben 117 anni di attività, la fabbrica chiuse definitivamente i battenti.

Acna: la bonifica finirà nel 2020
Il sito dell’ex Acna come si presenta oggi

La bonifica

A partire dalla chiusura è iniziato un processo di bonifica che si sarebbe dovuto concludere nel 2020. Nel 2000 un’inchiesta parlamentare sui rifiuti dichiarò che probabilmente fanghi altamente tossici del sito Acna sono stati smaltiti nella discarica di Pianura, tra Napoli e Pozzuoli. L’attività della fabbrica, protattasi per quasi 120 anni, ha lasciato tracce indelebili nei terreni e nelle falde di tutta la Val Bormida. Una relazione dell’Arpal ( Arpa Liguria) del 2016 presentava infatti la presenza di sabbie altamente cancerogene nel sito da bonificare.

Altri problemi ambientali della Val Bormida

Purtroppo l’alto corso della Bormida di Spigno deve fare i conti con i problemi ambientali creati da altri due grossi complessi industriali: l’impianto 3M di Ferrania, per la produzione di pellicole fotografiche, e l’impianto dell’Italiana Coke di Bragno.

Home - Italiana Coke
L’impianto dell’ItalianaCoke di Bragno ( Cairo Montenotte)

#acna #cengio #saliceto #cairomontenotte #valbormida #bormida #inquinamento #bonifica

Il maltempo di domenica 19 settembre nel Varesotto

Nella giornata di domenica 19 settembre 2021 il Varesotto è stato interessato da un’ondata di maltempo particolarmente violenta, tra le maggiori degli ultimi anni. Dalle prime ore della giornata una serie di intense passate temporalesche ha attraversato la provincia. Le precipitazioni più abbondanti hanno abbandonato il territorio provinciale verso le 15 e dopo le 15 e 30 praticamente le precipitazioni sono cessate.

La passata temporalesca più intensa si è sviluppata verso le 11 e nelle successive 2/3 ore ha attraversato tutta la provincia producendo notevoli disagi e danni in molte località, in una prima fase sopratutto nel Valdarno e nella zona del Lago di Varese e successivamente anche in Valle Olona, a Varese e in Valceresio e lungo il Sempione.

I dati pluviometrici nel Varesotto

Strade allagate e disagi, il maltempo investe il Varesotto
I parcheggi dell’Hotel Capolago completamente allagati ( fonte: Varesenews)

Tra le stazioni meteorologiche appartenenti alla rete CML ( Centro Meteorologico Lombardo) gli accumuli sono stati i seguenti: Monte Lema 70,2 mm, Maccagno 115,1 mm, Cugliate Fabiasco 92,2 mm, Gemonio 109,5 mm, Laveno Mombello 97,8 mm, Sangiano 97,5 mm, Brebbia 96,3 mm, Luvinate 131,8 mm, Rasa 106,2 mm, Induno Olona 130,6 mm, Varese Ospedale di Circolo 127,3 mm, Cassinetta di Biandronno 126,5 mm, Crosio della Valle 136,4 mm, Cimbro di Vergiate 127,5 mm, Porto Ceresio 165,1 mm, Cantello 128,5 mm, Vedano Olona 125,7 mm, Castronno 112 mm, Besnate 111,8 mm, Jerago con Orago 101,3 mm, Gallarate-Cajello 85,1 mm, Somma Lombardo 74,2 mm, Rovate di Carnago 98,3 mm, Venegono Inferiore 82,3mm, Tradate 88,1 mm, Nizzolina di Marnate 72,6 mm, Castellanza 99,1 mm, San Macario di Samarate 58,7 mm.

Strade allagate e disagi, il maltempo investe il Varesotto
Muro di cinta crollato nel centro di Jerago con Orago ( fonte: Varesenews)

I territori limitrofi

Vicino al Varesotto anche altre aree hanno avuto accumuli di pioggia notevoli, tra cui l’Alto Novarese. Gli accumuli i seguenti: Borgo Ticino 129,2 mm, Borgomanero 106,4 mm, Invorio 100,3 mm, Soriso 100,6 mm; la Valmorea Comasca: Valmorea 133,2 mm, Albiolo 104,1 mm, Beregazzo con Figliaro 84,8 mm, Olgiate Comasco 75,9 mm. Il Mendrisiotto: Mendrisio 120,4 mm, Meride 121,9 mm. Altri territori molto colpiti sono stati la Valle Intelvi, il Luganese, la zona di Porlezza e il Bellinzonese.

Strade allagate e disagi, il maltempo investe il Varesotto
La situazione al sottopassaggio della stazione di Busto Arsizio

La rete del Centro Geofisico Prealpino

Dalla rete del CGP ( Centro Geofisico Prealpino) emergono anche accumuli di 97,4 mm a Cavaria, 98,9 mm a Cassano Magnago, 117 mm a Caronno Varesino, 81,1 mm a Fagnano Olona, 81,4 mm a Busto Arsizio ( Parco Altomilanese), 141,2 mm a Varano Borghi, 140 mm a Varese Schiranna, 136,8 mm a Varese-Centro, 108,8 mm a Campo dei Fiori, 115,8 mm a Cuveglio, 78,4 mm a Luino, 93,8 mm ad Angera e 81 mm a Ranco.

Le criticità

Il maltempo ha provocato diffuse criticità su tutta la provincia dove numerose sono state le comunicazioni ai Vigili del Fuoco, che hanno effettuato in totale più di 130 interventi. Sottopassi allagati, tombini esplosi, frane e smottamenti sono state le criticità più frequenti. Il nubifragio ha colpito duramente il Valdarno, dove l’autostrada dei Laghi è stata chiusa poco a nord di Castronno per allagamenti. A Cavaria un tombino esploso ha provocato gravi danni alla Statale Gallaratese mentre nel centro di Jerago con Orago è crollato il muro di contenimento di un parco.

Anche a Gallarate i disagi sono stati notevoli: allagato il sottopasso di Cinelandia e molti altri in tutta la città. Chiusa anche la superstrada della Malpensa intorno al quinto chilometro. A Busto Arsizio allagamenti in varie zone della città e disagi al sottopasso della stazione, dove una macchina è stata completamente sommersa. A Daverio uno smottamento ha interessato la località di Dobbiate mentre la Strada Provinciale del Lago di Varese ha subito vasti allagamenti. Duramente colpita la località di Capolago, attraversata da un vero fiume in piena; l’Hotel Capolago è stato anch’esso allagato. A Cazzago Brabbia allagato il sottopasso della pista ciclabile e a Varese l’acqua ha invaso i parcheggi del centro commerciale “Belforte”.

Strade allagate e disagi, il maltempo investe il Varesotto
La strada statale Gallaratese inondata a nord di Albizzate

I fiumi sorvegliati speciali

Sorvegliati speciali tutti i fiumi del reticolo idrografico varesotto. L’Olona ha avuto un primo picco in mattinata, con 1,72 metri registrati a Castiglione Olona alle 9:00 e 1,92 metri a Fagnano un’ora dopo. Successivamente nel pomeriggio si è avuto un nuovo picco, ben maggiore, con 2,35 metri registrati a Castiglione alle 13 e 2,59 metri a Fagnano alle 16. A Castiglione la piena si è mantenuta lontana dal livello di allarme, mentre a Fagnano l’ha superato per meno di un’ora ( il livello del reticolo minore aumenta e diminuisce molto rapidamente).

Il torrente Rile ( che nasce in comune di Morazzone) ha raggiunto alle 15 un picco di piena di 97 centimetri all’idrometro di Cassano Magnago, appena sotto il livello di allarme ( fissato a 1 metro). Alle 19 il livello era già sceso a 22 centimetri. Il torrente Arno ( Arnetta) ha registrato all’idrometro di Cavaria un notevole colmo di piena di ben 2,61 metri alle ore 13, ben sopra il livello di guardia. Anche in questo caso le acque sono poi calate rapidamente. l’Olona è esondato brevemente a sud di Legnano, in area rurale, mentre per gli altri corsi non si sono segnalate esondazioni.

Strade allagate e disagi, il maltempo investe il Varesotto
il torrente Arno in piena attraversa impetuoso Gallarate

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